"Arte è salute"

Un viaggio alle radici umanistiche della "Cura".

[ Daniela Rosi]

In “Essere e Tempo” Heidegger riporta una storia antica che riguarda la cura.

Un giorno la Cura, mentre stava guadando un fiume, vide del fango. Dopo averne raccolto un poco, cominciò a lavorarlo. Mentre osservava ciò che aveva creato sopraggiunse Giove. La Cura gli chiese di dare la parola e infondere lo spirito a quello che aveva costruito. Giove acconsentì alla richiesta, ma pretese anche di dare il nome a quella “creatura”. La Cura allora si oppose. A sedare la contesa intervenne Saturno, il quale così sentenziò: “Tu Giove, che hai infuso lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma dato che la Cura ha forgiato questo essere, fin che esso vive lo possieda la Cura”.

Ora, questa favola ci invita a diverse riflessioni, come sempre accade quando ci si rifà ai miti, ma la cosa che più colpisce riguarda il fatto che a dirimere la controversia viene chiamato Saturno, notoriamente il dio che sovrintende al genio creativo. Non il dio della ratio, quindi, ma un dio  che siamo abituati a considerare il protettore degli artisti, di quei malinconici, non patologici, che per temperamento sono orientati alla creatività.

Questo racconto ci riporta alle radici umanistiche della cura, radici di cui spesso la medicina si dimentica, divenendo così pura tecnica scientifica, che si concentra più sulla parte malata che sulla persona, prescindendo dalla necessità di costruire prima di tutto la relazione umana.

Il solo approccio terapeutico medico tradizionale - che si concentra quindi solo sulla  malattia, spesso all’interno di un tempo fissato a priori, per cui ogni visita, indifferentemente da chi è la persona a cui è rivolta, deve essere portata a termine in mezz’ora, tanto per fare un esempio - difficilmente può arrivare veramente a segno, perché la persona perde il suo status di soggetto che si affida e diventa l’oggetto che subisce l’ intervento, senza fidarsi. In questa situazione non si può veramente parlare di cura, perché paradossalmente se voglio curare la malattia di Marco paziente, ma non mi curo di Marco persona, difficilmente Marco può guarire. La terapia che si fissa sulla terapia in senso stretto finisce per non riuscire ad essere terapia. Come dice il filosofo Salvatore Natoli: “la logica dell’utile è, paradossalmente, troppo stretta per produrre l’utilità necessaria”.

Daniela Rosi - Responsabile culturale e coordinatrice sociale del Centro di riabilitazione neurologica Franca Martini A.T.S.M. Onlus di Trento

01/12/2014