"Be-diversity. Un’attitudine mentale alle differenze, oltre la biodiversità"
Da sabato 18 luglio al Muse una mostra e una piattaforma di discussione: la nostra intervista al curatore Stefano Cagol
Uscendo al casello di Trento Sud, il lavoro di Stefano Cagol te lo trovi di fronte: Tridentum, tre grandi piramidi d’acciaio, metafora dell’origine romana del nome della città di Trento, che di notte come un faro s’illuminano. Vogliono dire, "eccomi, sono tornato a casa". Oppure "parto da qui", o "riparto",o "mi fermo", "arrivo per una vacanza". Nel turista accendono la curiosità, il desiderio di approfondire. O qualunque altra cosa, ma con Tridentum bisogna fare i conti.
Nato nel 1969 a Trento, Cagol ha studiato alla Ryerson University di Toronto e presso l'Accademia di Brera a Milano. Diverse le mostre e i progetti personali che lo riguardano, e vogliamo partire da quello che dal 18 luglio lo vedrà al Muse di Trento, per la prima volta in veste di curatore.
Be-diversity Un’attitudine mentale alle differenze, oltre la biodiversità è questo il titolo dell’esposizione, che si propone anche come piattaforma di discussione aperta alle più differenti contaminazioni: arte e scienza si intrecciano per stimolare un’attitudine mentale alle differenze, oltre la biodiversità.
Cagol, come nasce la mostra?
“Si tratta di un’idea molto particolare che deriva dalla mia convinzione che sia necessario superare i confini, promuovendo l’interazione e il passaggio tra diverse pratiche. L’arte può dialogare con la scienza, sta succedendo sempre più spesso, con l’obiettivo di trovare dei punti di comunicazione. Anche gli artisti utilizzano la tecnologia, e in fin dei conti ciò non rappresenta una novità: anche in passato gli artisti sono stati dei grandi sperimentatori: uno per tutti, Leonardo”.
Be-diversity nel senso di "essere" come?
"È un termine iconico che sostituendo la parola bio con ‘be’, apre a molteplici letture. Nel progetto ho scelto di presentare opere importanti di colleghi artisti che ho incontrato sul mio percorso (Oliver Ressler, Khaled Ramadan, Åsa Sonjasdotter, Avelino Sala, Giancarlo Norese, Christian Jankowsky, Wim Delvoye). Di immediata lettura, sono metaforiche e con minimi spostamenti di significato aprono a più approfonditi spunti di riflessione sul presente e il nostro futuro, componendo un esteso mosaico. Arte non fine a se stessa, ma capace di dare il suo contributo al dibattito attuale”.
Una nuova veste per lei, dunque, quella di curatore.
“Nel tipo di lavoro svolto negli ultimi anni mi è capitato spesso di lavorare quale curatore, nel senso che coinvolgendo nei progetti altre figure ci si avvicina moltissimo a tale ruolo. Preferisco parlare di progetto, non di mostra. La particolarità riguarda le situazioni che andrò a creare con degli appuntamenti. Una sorta di salotto durante l'esposizione, che sta a indicare che il lavoro prosegue, che non ci si ferma, e dal quale scaturirà una pubblicazione”.
Con The Body of Energy (of the mind) è presente anche alla 56esima Biennale di Venezia. Ci racconta il progetto?
"Documenta un viaggio attraverso dieci nazioni europee - dalla Norvegia a Gibilterra – durato 6 mesi, durante il quale ho svolto un’indagine metaforica e simbolica per 'dare corpo' all'energia, immateriale ed invisibile: l'energia culturale, individuale, collettiva, gli scambi di energia tra le persone e l'ambiente. A ogni fermata ho portato a termine azioni partecipative che hanno coinvolto il pubblico e sono state catturate da foto, video e una telecamera a infrarossi come simbolico detector di energia".
Un altro work in progress?
"Dopo essere stato realizzato in 15 musei, tra i quali Museum Folkwang, Essen; MAXXI, Roma; Museion, Bolzano; Kunst Halle Sankt Gallen; ZKM, Karlsruhe, The Body of Energy è aperto a prossimi sviluppi. Con il curatore del padiglione tedesco stiamo decidendo gli ultimi momenti performativi che si svolgeranno in prossimità della chiusura della Biennale (22 novembre). Si tratterà di un’interazione tra i visitatori e lo stesso edificio del padiglione tedesco, un rapporto tra corpo, spazio, architettura, e energia che rilasciamo. Sarà la ricerca metaforica delle tracce di energia: il calore che per noi è la vita”.
14/07/2015