Chiesa di Santa Maria Assunta di Dasindo
Gli affreschi realizzati intorno al 1540 da Simone Baschenis: un altro tesoro del Trentino da scoprire
Riprendo la strada di Castel Campo: ripasso vicino all’aratro senza bovi, immobile nel solco incompiuto. I profeti, sulle cime: gli umili quaggiú: ognuno è necessario: ciò che più importa è che nessuno muoia senza avere scavato il proprio solco sino alla fine. Suonano intanto le campane di mezzogiorno: da Ponte delle Arche, da Campomaggiore, da Vigo, da Dasindo, da Stumiaga, da Fiavé. A. Negri, Erba sul sagrato..., 1939
Nella passeggiata da Castel Campo al convento di Campo Lomaso Ada Negri ebbe modo di far vagare lo sguardo e il pensiero: nelle sagome delle case vide il passato dei poeti e in quello delle montagne il profilo degli eroi irredentisti trentini. Non poteva sapere la scrittrice, che i profeti, evocati ammirando il severo panorama delle vette giudicariesi e collocati sulle cime, stavano con «gli umili quaggiú», celati anche agli animi più sensibili, nella chiesa di Dasindo, richiamata alla mente dal suono della campana che salutava il mezzogiorno.
Come nella sua escursione però, è necessario fare un passo alla volta, in questo caso tra le vicende architettoniche e artistiche che interessarono la chiesa, per arrivare a scoprire le meravigliose opere che questa custodisce. Santa Maria è menzionata nel 1251, ma l’edificio di quel periodo è stato stravolto da interventi posteriori. La fisionomia dell’opera architettonica attuale, infatti, si riconduce principalmente all’architetto (autoctono) Giovanni Maria Filippi, che rinnovò l’edificio e firmò il portale, scenografico, nel 1596 (Chini 1987, p. 23). Intervenne sulla chiesa gotica precedente – caratterizzata da un’abside poligonale con volte a costoloni – aggiungendo delle cappelle in fregio alla navata, che rispetto all’impianto romanico era stata prolungata con una campata verso l’ingresso (Colbacchini 2013, p. 177; Marsilli 2013, p. 186). L’architetto inoltre sfondò lo spazio laterale, antistante il presbiterio, inserendo un transetto e ne coprì i bracci a pianta quadrata con due cupole circolari (Chini 1987, p. 23). Quando Ada Negri soggiornò nelle Giudicarie – e fino al termine del II millennio – gli interni presentavano «un pregevole carattere unitario grazie anche al raffinato effetto di bicromia prodotto dall’elegante profilarsi delle membrature in pietra grigia sull’intonaco bianco» (ibidem).
Solo con i lavori di restauro (1999-2001) condotti dalla Soprintendenza per i Beni storico-artistici furono portati definitivamente alla luce – e al loro splendore originario – gli affreschi realizzati intorno al 1540 da Simone Baschenis (1490 - 1555) e dalla sua bottega. Nell’abside si ‘leggono’ scene tratte dai Vangeli e dagli apocrifi della Vita di Maria – dall’incontro dei suoi genitori fino all’Assunzione – intervallate da immagini dei profeti (Colbacchini 2013, p. 177). Eccoli quindi i profeti di Ada Negri, non sulle alte cime, ma ritratti a mezzo busto nell’abside della chiesa di Dasindo mentre reggono dei volumi. In questa sede, sono state identificate tre figure, sulla base delle frasi in latino presenti sui loro libri. I brani si riconducono ai Testamenti dei XII Patriarchi. Scritto apocrifo che, secondo la tradizione, raccoglie i consigli che Giacobbe, in punto di morte, diede ai suoi figli. Il testo raggiunse la sua forma finale attorno al II secolo d.C. e fu diffuso in occidente a partire dal XIII secolo, quando la traduzione latina (dal greco) di Roberto Grossatesta, vescovo di Lincoln, lo rese popolare. Nell’immagine, il patriarca a sinistra si può identificare con Levi (per il testo, emendato: Levi, IV, I), al centro Giuda (Giuda, XXIV, I) e sulla destra, forse, Neftali (VIII, III ?), nel cui testamento Giacobbe raccomanda ai figli di restare uniti proprio a Levi e a Giuda (Neftali, VIII, II).
Sulle vele della volta dell’abside spiccano il Padre Eterno, fiancheggiato dagli Evangelisti e da quattro Dottori della Chiesa (in parte perduti), mentre le lunette erano occupate dalle figure degli Apostoli, conservatesi solo in parte. Sulla volta del presbiterio invece sono ritratte scene dell’Apocalisse (l’episodio di Gesù che porta la Croce è estraneo al libro ma rappresenta il suo ruolo salvifico attraverso il sacrificio: Colbacchini 2013, p. 178). L’apparato decorativo, in determinati episodi, è stato ispirato da una particolare raffinatezza culturale, riconducibile presumibilmente alla sequenza di pievani illustri ed eruditi che si alternarono nella prima metà del Cinquecento a Vigo Lomaso, e nel caso particolare di Dasindo, forse alla presenza di Iacopo Vargnano che potrebbe aver seguito i lavori di Simone Baschenis (ivi, p. 179).
I fedeli, che comprendessero o meno i colti rimandi teologici, non ammirarono a lungo gli affreschi: parte di questi – alcune scene della vita di Cristo – andarono persi con i lavori di ampliamento del 1596, mentre tutta la restante decorazione fu celata da un’imbiancatura, nel 1616 (ivi, p. 180). Gli interventi di restauro, oltre a liberare l’opera dalla copertura, hanno interessato anche gli altari e i dipinti su tela. Proprio in queste fasi, dietro la pala dell’altare di San Valentino, sono state scoperte due tavole lignee – portelle d’altare –, raffiguranti San Lorenzo e San Vigilio e attribuite, come gli affreschi, a Simone Baschenis (ivi, p. 181).
Gli interventi architettonici di Filippi furono accompagnati da un rinnovamento degli arredi liturgici. Si ricorda l’ancona della Visitazione, datata 1606, di Beneto Zerbi (Chini 2002, p. 836, n. 134) e la realizzazione, alla fine del Seicento (1695), dello scenografico altare di San Valentino (seconda cappella a sinistra), arricchito da sculture lignee di figure sacre e decorato con cornucopie e motivi vegetali. Questa imponente struttura è abbellita con due dipinti di Nicolò Dorigati, raffiguranti San Valentino in adorazione della Sacra Famiglia e nella cimasa San Martino e il povero. Nell’ala sinistra del transetto si trova un dipinto di ambito tirolese, Incoronazione della Vergine e santi (metà XVII secolo), incorniciato da un ricco altare ligneo, in quella destra una tela di Giovanni Gianetti o Zanetti di Tenno, su cui sono ritratti i Santi Rocco, Gerolamo e Carlo Borromeo (primo quarto XVII secolo) (Chini 1991, p. 90), mentre nella cappella di destra si trova un altare dedicato a San Giovanni Nepomuceno realizzato tra il 1750 e il 1768, con una pala del santo sempre di area tirolese (seconda metà XVIII) (Colbacchini 2013, p. 184). Imponente quanto mirabile l’altare maggiore ligneo, realizzato da Cristoforo e Giandomenico Bezzi di Chiusano nel 1656, e ultimato con la doratura solo nel 1675 (Colbacchini 2003, p. 480).
L’ultimo intervento architettonico esterno, che qui si ricorda, è costituito dall’inserimento del sarcofago di Giovanni Prati (1814-1884), originario di Dasindo, i cui resti furono traslati nel 1923 e tumulati nella tomba, posta in alto sulla facciata settentrionale, su progetto dell’architetto Giorgio Wenter Marini, autore anche della decorazione esterna.
Se come Ada Negri vi troverete a passeggiare nelle vicinanze di Dasindo, ricordatevi di fermarvi nella sua chiesa, le opere conservate all’interno meritano, qualunque sia la vostra meta, una piccola deviazione.
Il testo è tratto da: M. Dalba 2014, Dal Castello di Stenico ai castelli delle Giudicarie. Itinerari d’arte e di storia, Trento, Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali, 175 pp
Bibliografia citata nel testo
E. Chini 1987, L’arte nelle Giudicarie Esteriori, in A. Gorfer (a cura di), Le Giudicarie esteriori. Banale, Bleggio, Lomaso, I, Il territorio, Ponte Arche (Tn), pp. 3-101.
E. Chini 1991, I dipinti, in E. Chini, F. Menapace (a cura di), Dalle chiese delle Giudicarie esteriori. Un esempio di catalogazione, catalogo della mostra (Stenico, 19 luglio - 27 ottobre), Trento, pp. 84-113.
E. Chini 2002, La pittura dal Rinascimento al Settecento, in M. Bellabarba, G. Olmi (a cura di), Storia del Trentino, IV, L’età moderna, Bologna, pp. 727-842.
R. Colbacchini 2003, Altari e scultura lignea del Seicento, in A. Bacchi, L. Giacomelli (a cura di), Scultura in Trentino. Il Seicento e il Settecento, Trento, pp. 451-487.
R. Colbacchini 2013, Tesori riscoperti a Dasindo, in G. Riccadonna, I. Franceschi (a cura di) 2013, pp. 177-185.
P. Marsilli 2013, La chiesa di Santa Maria Assunta a Dasindo e Giovanni Maria Filippi, in G. Riccadonna, I. Franceschi (a cura di) 2013, pp. 186-191.
A. Negri 1939, Erba sul sagrato. Intermezzo di prose. 1931-1939, milano.
G. Riccadonna, I. Franceschi 2013 (a cura di), Santa Maria Assunta e la Comunità di Dasindo con i saggi di Raffaella Colbacchini e Pietro Marsilli, Comano Terme (Tn).
09/11/2015