I Carabinieri per la tutela del Patrimonio Culturale

Il Nucleo Carabinieri di tutela del patrimonio culturale gestisce la più grande banca dati formata da quasi sei milioni di file, corrispondenti a altrettanti beni sottratti al nostro patrimonio

Porta [ Ufficio beni archeologici]

Dal Tempio di Bet all’Arco monumentale; dal Tempio di Nabu ai Bagni di Diocleziano. E ancora il teatro, il senato, il muro di cinta della città, la Torre Elahbela: i titoli dei maggiori quotidiani negli ultimi giorni richiamano l’attenzione mondiale su quanto sta accadendo a Palmira, uno dei siti più importanti del Medio Oriente, e non solo.

Anche alla luce di tali notizie, fondamentale è il ruolo dei Carabinieri nella tutela del Patrimonio culturale.

Proprio sul tema “I Carabinieri per la tutela del Patrimonio Culturale”, organizzata dall’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, si è svolta nei giorni scorsi una conferenza presso lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas.

Vi sono intervenuti il Maggiore Giuseppe Marseglia, Comandante del Nucleo Carabinieri di Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Venezia,  Sandro Flaim, dirigente della Soprintendenza per i beni culturali e Franco Nicolis, direttore dell'Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento.

Flaim ha sottolineato l’importanza del “lavoro fin qui svolto per il recupero della refurtiva, conosciamo il valore storico-artistico del bene nel momento in cui ‘ha una storia’ – ha puntualizzato -. Sono pedine di una memoria che noi abbiamo scritto, e dall’81 al 91 solo in Trentino sono scomparse seicento opere d’arte. Dobbiamo usare l’arma della catalogazione quale investimento per la protezione attiva e passiva. Per quanto riguarda i beni di tipo ecclesiastico, notevoli sono stati gli investimenti per la protezione delle nostre chiese negli ultimi dieci anni, intervenendo con una normativa ad hoc. Sono state anche attivate delle guardianie volontarie contro furti e vandalismi - ha aggiunto”. 

Marseglia, dopo aver ricordato il primato italiano (il 3 maggio 1969, sulla base di una lungimirante intuizione del Capo di Stato Maggiore pro-tempore, Gen. Arnaldo Ferrara, nasce il Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, che nel 1971 sarà elevato al rango di Comando di Corpo), ha affrontato il tema delle “esportazioni clandestine, che durano ininterrottamente da tre secoli. Il controllo riguarda i  siti archeologici, le attività commerciali che ci tengono impegnati quotidianamente perché l’evoluzione del sistema fa sì che il grosso dello smercio non avvenga più con esercizio commerciali fissi: il fenomeno è ormai planetario. Vengono quindi verificate le misure di sicurezza di musei, archivi, biblioteche, controlliamo le case d’asta, i siti internet. Svolgiamo un’attività di supporto specialistico in ambito internazionale, basti pensare alle  drammatiche notizie che giungono dal Medio Oriente, con organizzazioni criminali che distruggono e depredano i siti archeologici sistematicamente.

Qual è il centro della nostra organizzazione? – ha proseguito -. Gestiamo la più grande banca dati formata da quasi sei milioni di file corrispondenti a altrettanti beni sottratti al nostro patrimonio, e ciò costituisce la nostra memoria. I 6.000.000 di file sono la punta dell'iceberg, e disponiamo di solo 500.000 immagini corrispondenti. Il flusso informativo di riempimento della banca dati avviene da più di quaranta anni, ma è iniziato anche prima con l’archivio Siviero, quasi un antesignano dei ‘Monument men’, al quale ci siamo collegati idealmente. Le aggressioni criminali più rilevanti comprendono furti, commercializzazione di reperti archeologici, esportazione clandestina, falsificazione di opere d'arte, commercio illecito di beni librari e archivistici, danneggiamento, utilizzo sempre più massiccio dei canali telematici".

Tra gli oggetti di valore eccezionale recuperati, Marseglia cita la Triade capitolina, il Cratere di Eufronio, la Venere di Morgantina.

Parlando di drammatica attualità, l’attenzione del Maggiore si è spostata all’archeologia nelle aree di tensione geopolitica, soffermandosi sulla missione “Antica Babilonia” del 2003 in Iraq. “Un fenomeno ingigantito dalla sistematica distruzione dei siti, non solo un’estrinsecazione iconoclasta ma un posizionamento di frammenti sul mercato internazionale - ha concluso".

www.carabinieri.it

In chiusura, Nicolis ha riflettuto su come "i siti abbandonati siano diventati metafora di identità e di alterità anche nei contesti di guerra". 

redazione

26/05/2015