"Il colore dell'erba" a Trento
Che colore ha l'erba per un non vedente? E un vedente "vede" sempre il colore dell'erba?: la nostra intervista a Juliane Biasi, regista de Il colore dell'erba, e alle protagoniste Giorgia e Giona
Dopo l'anteprima di Torino lo scorso 18 gennaio, arriva nelle sale italiane il 1° febbraio il documentario "Il colore dell’erba", di Juliane Biasi Hendel, prodotto da Indyca e Kuraj con il sostegno del Mibact, di Trentino Film Commission, Piemonte Doc Film Fund e Rai 3 (Doc 3) e con il patrocinio dell’UICI – Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Edizione speciale per le sale, il film offre una esperienza sensoriale unica grazie alla costruzione di un vero e proprio paesaggio sonoro che rende il documentario visibile “a occhi chiusi”. Anche la locandina è una creazione artistica in rilievo, con la quale il pubblico potrà interagire. A Trento "Il colore dell'erba" sarà proiettato al Cinema Astra, lunedì 8 febbraio alle 19 e alle 20.30 e martedì 9 febbraio alle 17.30 e alle 19; lunedì alle 20.30, saranno presenti anche le due protagoniste.
"Da anni lavoro come documentarista, e nella mia ricerca ho più volte esplorato il tema delle “differenze” affrontando ambiti quali psichiatria, carcere, malattia mentale, disabilità fisica, nel tentativo di cogliere i valori aggiunti delle persone con disabilità, mettendo in luce il contributo positivo che tali persone possono dare alla società" – esordisce Juliane Biasi.
Da questo interesse è scaturito anche Il colore dell’erba, documentario prodotto dalla casa torinese Indyca e Kuraj, sostenuto dal MIBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Trentino Film Commission, in collaborazione con Film Commission Torino Piemonte e con il patrocinio di Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti e con il patrocinio di U.I.C.I. - Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e I.Ri.Fo.R. – Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione Sezioni Provinciali di Torino.
Girato tra la Vallagarina e Riva del Garda, racconta la strada che Giorgia e la sua amica Giona, ragazze quindicenni non vedenti, vogliono fare da sole per raggiungere la gelateria che si trova in riva al lago. Un viaggio che diventa metafora della conquista dell’autonomia e della presa di consapevolezza di sé, e per questo assume un valore universale.
“Con Indyca – riprende la regista – stiamo perseguendo l’obiettivo, forse un po’ presuntuoso, di realizzare una versione per il cinema che sia anche per non vedenti, riducendo al minimo l’audio-descrizione in modo che attraverso dei passaggi sonori forti il film possa diventare un radio-documentario in grado di autogenerare delle immagini. L’intenzione è di accompagnare la visione con degli eventi che siano collegati con il mondo del non vedere, delle percezioni, organizzati nelle città in cui il film sarà distribuito.
Lo spunto al documentario mi è stato dato da Andrea Cristofori, il nostro tecnico dell’audio, impegnato in corsi ai non vedenti per l’audio descrizione dei film. Mi sono così interrogata sul significato dell’immagine per il cieco e sul significato dell’immagine in generale. Ho quindi contattato Eraldo Busarello, responsabile di Senza barriere onlus, di Scurelle, una realtà unica in Italia che dispone di una fornitissima cineteca audio per ciechi. Il passo successivo è stato di conoscere Giorgia, la sua famiglia, e quindi Giona, amica di Giorgia. Insieme, le due ragazze mi sono sembrate ‘strepitose’, le ho subito prefigurate come protagoniste di un documentario sull’immagine”.
‘A noi piacerebbe riuscire a raggiungere la gelateria da sole’ – questo il desiderio delle due ragazze, allora quindicenni, da cui prende spunto il lavoro di Juliane Biasi, portando in primo piano il tema dell’adolescenza e della conquista dell’autonomia.
“Ci siamo quindi interrogate sulle modalità di affrontare questa strada, un viaggio breve e al contempo lunghissimo, per Giorgia e Giona, in cui era necessario imparare fidarsi di se stesse e degli altri -approfondisce Biasi -. Come si fa a fidarsi al di là dell’impressione, della visibilità? Come attivare anche il potenziale degli altri sensi?
Quando abbiamo iniziato le riprese, Giorgia era la più espansiva ma nei tre anni in cui il lavoro si è sviluppato Giona si è fatta forte, spesso era lei a prendere in mano la situazione. Il filo narrativo che percorre la storia, la conquista della libertà e dell’autonomia, assume un valore universale: tutti noi abbiamo paure e ostacoli da superare, strade nuove da intraprendere.
Il Colore dell'Erba non è solo un film, ha l’ambizione di essere anche un’esperienza sensoriale. Cala i vedenti nel mondo dei non vedenti, un luogo niente affatto buio e oscuro, ma pieno di profumi, carezze, rumori a partire del tenero ticchettio dei bastoni bianchi di Giorgia e Giona. Il documentario, però, è stato ideato per essere percepito anche da un pubblico di non vedenti grazie alla collaborazione del sound designer Mirco Mencacci, famoso a livello internazionale per i suoi particolari paesaggi sonori. L'esperienza sensoriale si potrà godere a partire dal prossimo autunno con una distribuzione nei cinema" - conclude la regista.
Diamo ora la parola alle due protagoniste del documentario, Giorgia e Giona.
"Sono al terzo anno di liceo linguistico - racconta Giorgia - e il documentario è stata un'esperienza che mi ha fatto crescere e conoscere aspetti di me che non sapevo di avere, anche le mie paure, che emergono ad esempio quando, verso la fine delle riprese, dico che non voglio più tornare in gelateria. Ma questo percorso è stato anche un aiuto per rendere più stretta l'amicizia tra me e Giona, ci ha permesso di confrontarci su vari aspetti e di fidarci di piu l’una dell'altra. Non nego che avere la regista in casa sia stato un po' faticoso, non era semplice corrispondere alla sua richiesta di essere naturali. E' stato emozionante poi vedere in televisione il risultato finale delle riprese, nessuno di noi aveva visto il montaggio per intero, ma solo degli spezzoni. Secondo me, il documentario diventa ora uno spunto per la vita di tutti i giorni, nel senso che andare in gelateria non è un possibilità finita con la conclusione delle riprese: ora possiamo farcela da sole".
Questo progetto mi ha portato a raggiungere un’autonomia e una consapevolezza della disabilità, quindi anche l’accettazione di un percorso – interviene Giona che ora frequenta l’ultimo anno dell’Istituto Don Milani di Rovereto -. Un viaggio che paragono alla vita, con discese, salite, ostacoli, ma con un obiettivo che si può raggiungere. Il progetto è stato lungo e difficile, ma mi ha portato a rendermi conto delle abilità acquisite. Le riprese audio con Mirco Mencacci sono state molto interessanti. Le famiglie fanno del loro meglio, cercano di trasmetterci l’ottimismo, ma con l’appoggio degli educatori i risultati diventano più tangibili”.
15/09/2015