«Sorelle pallide dell’est»: le Dolomiti di Dino Buzzati
Un omaggio allo scrittore bellunese: non un semplice "cantore delle montagne" ma uno scrittore universale
Un ideale viaggio che ho compiuto attraverso il paesaggio del Veneto nella pagina di Dino Buzzati (Marsilio, 2013), è stato essenzialmente una verifica di cosa fosse rimasto, di lui, adulto, di quel sentire spalancato all’immenso legato alla sua nascita ai piedi delle Dolomiti. La terra natale diviene nella sua opera un luogo-tempo cui attingere sempre, forse perché là vi è ancorato il ricordo di una prima, primissima percezione di appartenenza a un vasto universo, oltre la finitezza delle cose materiali che ci attorniano, e cadono, sempre. E la montagna, così centrale, nel suo universo, è certamente dolomitica. È montagna dove in deserti di alta quota si attraversano confini tra vita e morte, dove in foreste antichissime si può incontrare l’ignoto, dove ghiaioni come elementi di immense clessidre marcano il crollare del tempo, dove però, lassù, incorruttibili crode illuminate dal sole perforano il cielo. «Esili rupi di calcare», «solitarie regge coi pinnacoli di filigrana», «sorelle pallide dell’est»… tra i suoi appellativi più commoventi delle Dolomiti, montagne così fantasmagoriche, così smangiate da ghiaioni, così diafane, così emergenti da prati o all’improvviso oltre il bosco, dunque così capaci di simboleggiare l’intero suo mondo, e il suo sovramondo da aver fatto di Dino Buzzati non un semplice “cantore delle montagne”, ma uno scrittore universale, poi che un paesaggio così fortemente connotato simbolicamente si fa 'leggibile' da un lettore di tutti i continenti.
Mi piace pensare che le montagne, così come l’immaginario, vadano oltre i confini segnati dall’uomo, poiché è semmai la loro orogenesi a delimitarle.
Nel percorrere la mia ricerca attraverso il rapporto Buzzati/paesaggio non ho dunque inteso, né potuto, classificare un territorio o delimitare un'area amministrativo-geografica, non sono rimasta entro gli stretti confini del Veneto. Sono le montagne stesse che, pur avendo assunto nella storia funzione confinaria in quanto ideali linee di demarcazione, laddove costituiscono gruppi montuosi molto grandi, come ad esempio quello delle Pale (fra il Trentino e il Bellunese), hanno natura tras-valligiana e trans-regionale. Buzzati stesso ha in più occasioni mostrato di concepire il Veneto in termini di Triveneto: di Passariano, in provincia di Udine, dice che è «un posto del Veneto»; in un articolo del ’32, L'uomo e la parete, dove elenca le «Dolomiti venete» non esita ad includere «la Furchetta» (Gruppo Puez-Odle, nel Bolzanino) o la parete «Est del Catinaccio» (tra le province di Trento e Bolzano); nello struggente O Pale di San Martino invoca le amate cime chiamandole «patria». La sua non è tanto confusione, quanto l'avere in cuore una 'regione dolomitica' che nella sua mente viene prima di qualsiasi regione amministrativa.
Patrizia Dalla Rosa è nata e vive a Feltre, dove si è laureata in Lingue e Letterature Straniere con una tesi sulle traduzioni francesi di Dino Buzzati. Dal 1992 si occupa dello scrittore bellunese: non solo attraverso pubblicazioni di articoli, conferenze e partecipazione a convegni in varie parti del mondo, ma anche per mezzo della consulenza bibliografica ai vari studiosi, in quanto Responsabile della Ricerca del Centro Studi Buzzati, di cui è anche membro del Comitato Scientifico. Dal 1996 è redattrice della rivista «Studi buzzatiani» e dal marzo 2006 ne è Segretaria. Nelle sue due monografie, Lettura di «Verso la cuna del mondo» di Gozzano (Milano, Cooperativa Libraria IULM, 1995) e Dove qualcosa sfugge: lingue e luoghi di Buzzati (Pisa-Roma, Fabrizio Serra, 2004) è centrale la comunicazione del senso del paesaggio.
09/05/2015