"Un anno col baio": intervista a Valentina Musmeci
Fino al 5 luglio la mostra a Milano, presso il Padiglione Slow Food di Expo
«Che fas po’ de ’ste foto?». «Non lo so. Se le faccio mi sembra di capire di più. Forse mi lasci venire con te a camminare in transumanza?».
Camminare con Ruggero, i suoi tre pastori e le sue pecore è stato un onore e un piacere. Non una decisione a priori, piuttosto una richiesta naturale dopo alcuni mesi di conoscenza reciproca, di rispetto per il lavoro l’uno dell’altra.
Ruggero è un baio – nel gergo dei pastori “colui che conduce un gregge” – e fa parte della rete di allevatori e conduttori che offrono trekking someggiati all’interno della rete “Dove pensano gli asini”, nata in Trentino nel 2011 e che propone attività di ecoturismo con asini. L’ho conosciuto sui prati dell’Alpe Lusia, affaccendato nel suo lavoro mentre fissava reti per le greggi e nutriva i suoi animali fuori dalla baita San Martino ai Zocchi di Bellamonte, in un vecchio lariceto a quasi 1750 metri di altezza.
Valentina Musmeci, autrice e fotografa, inizia narrando l' "Incontro col baio” il suo Un anno col baio. Dalle Dolomiti al mar Adriatico con un pastore errante della Val di Fiemme (Ediciclo editore), il libro presentato sabato 20 giugno alle 12 presso il Padiglione Slow Food di Expo, in contemporanea con l’inaugurazione dell’omonima mostra che rimarrà visitabile fino al 5 luglio.
“La cosa straordinaria è che un pastore abbia deciso di essere presente a Expo, e non certo per esibizionismo personale ma per testimoniare che la pastorizia è viva. È un segnale forte che un pastore transumante giunga a Expo: chi meglio del pastore rappresenta quest’entità in cammino, in correlazione con la dimensione umana, animale, ambientale? Una prospettiva di rete tra i mondi” – ci racconta Valentina Musmeci.
“Baio è il nome che i pastori si danno l’un l’altro modo per definire un amico e una persona che ti capisce, ti è molto vicina – spiega l'autrice quando le chiediamo il significato del termine -. Ha però anche la valenza di ‘mimetizzare’ i pastori quando transitano e vengono cercati perché il loro passaggio ha magari suscitato qualche protesta. 'È stato il baio’ usano dire, in una forma di autotutela. L’espressione è nel titolo per sottolineare che nella transumanza il pastore deve sempre avere una seconda strada, una possibilità, un modo di cavarsela”.
“Si è creata intorno a questo libro un’attenzione inaspettata – prosegue -. È un tipo di lavoro molto originale, una testimonianza fotografica e antropologica, che ricostruisce un anno intero di transumanza. Con costanza, seguendo un unico pastore, ho raccontato con la sua voce il territorio e la sua trasformazione negli ultimi quarant’anni, sia dal punto di vista delle costruzioni e dell’eccessiva antropizzazione, sia di quelli intervenuti in agricoltura attraverso l’utilizzo di diserbanti e mangimi”.
Da settembre a settembre: dodici mesi al seguito di uno degli ultimi pastori erranti del Trentino, Ruggero Divan, e delle sue duemiladuecento pecore. Dall'Alpe Lusia e dal Parco di Paneveggio Pale di San Martino, passando per la Val di Fiemme, la Valsugana ed il Grappa, e lungo i fiumi Piave e Livenza, fino al Mare Adriatico. Da qui il ritorno all'Alpe, risalendo le Dolomiti bellunesi, la Val Canali e il Passo Rolle.
“Seguire Ruggero lungo questo itinerario mi ha dato l’opportunità di fare un’esperienza fondamentale per riavvicinarmi al nostro territorio e al mio vissuto infantile, quando trascorrevo l’estate dai nonni in collina. Avendo viaggiato molto, mi rendevo conto che il mondo di Ruggero è in bilico tra passato e presente, un equilibrio fragilissimo perché le difficoltà della vita in baita sono le stesse di cent'anni fa. Non è stato facile neppure farmi accogliere da un mondo ‘maschile’ come quello dei pastori, ma poi si è creata una buona sintonia e un rapporto di fiducia: considero la possibilità di seguire Ruggero un grande regalo da parte sua. Da lui ho imparato soprattutto l’ascolto. Oggi abbiamo perso la capacità di ascoltare. Il pastore deve invece ascoltare il gregge, il territorio, la natura per sapere quando l’erba ricresce”.
“Fame d’erba: ecco la molla che fa scattare la necessità, per pastori e allevatori, di spostarsi ciclicamente alla ricerca di pascoli’ – scrive a questo proposito Annibale Salsa nella prefazione al volume.
“La pastorizia ha segnato un più 2% lo scorso anno in Italia, dato da giovani che riprendono a scegliere quel lavoro, davvero un segnale incoraggiante – conclude Musmeci -.
Con l'autrice-fotografa intervengono alla presentazione ad Expo:
Ruggero Divan, il pastore transumante
Annibale Salsa, antropologo
Barbro Santillo Frizell, archeologa
Modera l'incontro:
Caudio Visentin, giornalista de Il Sole24ore
A seguire piccola degustazione di formaggi
Valentina Musmeci vive a Trento con i 3 figli e insegna inglese. Ha viaggiato in Europa, Libia, Egitto, Sudan, Yemen, Oman, Qatar, Cipro, India, Malesia, Birmania, Laos, Thailandia, Stati Uniti, Sud America, Isole Caraibiche. Ha scritto e fotografato per la Rivista del Trekking, L'Adige e siti di viaggio. Collabora con APT Trentine, Centri di ricerca e Associazioni. Conduce da anni ricerche sull'attività didattica per bambini in ambito artistico e naturalistico. Si occupa di volontariato e clownterapia.
http://www.valentinamusmeci.it/
19/06/2015