A Shed, il demone di Tishevitz

Teatro

Teatri Viaggianti

Il teatro della diaspora ebraica
A Shed, il demone di Tishevitz
di e con Olek Mincer
liberamente tratto dal racconto "L'ultimo demone" di Isaac Bashevis Singer

“Perché l’Onnipotente si è preso la briga di creare gli uomini? - ci si chiede nella tradizione ebraica - Perché gli potessero raccontare delle storie”.
All’interno del complesso sviluppo di un teatro sempre in cerca di se stesso e della propria identità, Olek Mincer ci propone con il suo monologo una profonda e stimolante riflessione sul “teatro di parola”. Del resto il popolo ebraico è per definizione “il popolo del Libro”, che ha trasformato la parola scritta nel suo lasciapassare attraverso il suo “errare” nel tempo.

Il racconto, uno dei più importanti e perfetti del Premio Nobel I.B. Singer, inserito nella raccolta Gimpel l’idiota, tratta degli eventi della Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista di una creatura sovrannaturale, un demone. La vicenda,impregnata di elementi del mondo ebraico orientale, come sempre nei racconti di questo autore, ha allo stesso tempo valori così universali da essere tristemente attuale.
“Diavoli, spiriti, angeli e fantasmi abitavano con noi,- così Erri De Luca nella presentazione dello spettacolo- erano la prova che non solo gli esseri umani hanno bisogno dell'invisibile, ma che esso era implicato con noi. Che fosse per invidia o per protezione l'aldilà si cura dei vivi. La narrativa e il teatro yiddish sono frequentati da fantasmi. Il dibbùk, dal verbo ebraico "davàk" attaccare, "l'appiccicato addosso", lo spirito di un defunto che si artiglia a un vivo e lo governa. La creatura umana era attenta all'invisibile non per superstizione ma per sviluppo di centri nervosi di rilevazione di presenze. Così il giovane rabbi di Tishevitz sa che il pensiero di vanagloria che s'intrufola in lui mentre studia in lingua sacra è opera al nero, interferenza esterna di sobillatore al quale chiedere subito: "Chi sei ?"…”
Nel suo racconto–monologo Singer dà voce a una creatura proveniente dal mondo degli abissi, a un demone, uno shed in yiddish, un demone appartenente alla specie di demoni che hanno riconosciuto la Torà, la Bibbia, ebreo e molto umano. Si tratta di un demone cantastorie che, per sopravvivere, gioca con le lettere dell’alfabeto ebraico. Racconta così il suo passato, la distruzione del mondo ebraico, che comprende anche il mondo demoniaco, e il suo presente. Il presente d’un sopravvissuto. Il demone è un alter-ego di Singer stesso, perché che cosa fa uno scrittore yiddish, se non giocare con le lettere ebraiche? E, come il suo demone, Singer descrive e lamenta un mondo che aveva conosciuto di persona.
Musica e canzoni sono protagoniste insieme a Olek Mincer , artista polacco che vive dal 1984 in Italia, formatosi a Varsavia (dove per dieci anni è stato membro del Teatro Statale Ebraico) e poi a Roma alla scuola Fersen. Accompagnano la voce di Mincer il sapiente violino di Massimo Coen e il clarinetto di Gabriele Coen, rispettivamente fondatori de “I Solisti di Roma” e dei ”Klezroym”.
Paesaggi sonori ed elaborazioni elettroniche di Claudio Mapelli.
Musica klezmer, brani tradizionali liturgici, canti mistici chassidici, musiche da matrimonio e musica popolare polacca convivono con i suoni elettronici e si intrecciano al testo, in un insieme allo stesso tempo evocativo e intensamente rivolto al presente


organizzazione: Teatro delle Garberie