A l'attaque!

Cinema

Francia, 99
Durata: 90'
Genere: Drammatico
Regia: Robert Guediguian
Cast: Ariane Ascaride, Pierre Banderet, Jean-Pierre Darroussin

Al garage 'Moliterno & Co.' Gigi e Jean-Do si occupano della riparazione di auto, Lola della sua pulizia, mentre Marta gestisce la parte amministrativa, Vanessa e Mouloud vendono fiori al mercato e il nonno insegna al bambino canzoni rivoluzionarie. La globalizzazione esige le sue vittime ed una grande multinazionale minaccia l'esistenza stessa dell'azienda familiare dei Moliterno, ma, imbracciate le armi, non si arrenderanno tanto facilmente

L’unico modo, nel nuovo millennio, per credere e impegnarsi ancora in un cinema politico è spingere il pedale del grottesco quasi all’inverosimile e non avere paura del ridicolo. Non rimane altra scelta, e con A l’attaque! Robert Guédiguian sembra aver capito l’antifona dopo il disperato e tetro realismo de La ville est tranquille (in realtà le due pellicole sono state girate quasi contemporaneamente: stessa troupe, stessi attori). Il marsigliese e consorte (Ariane Ascaride, sempre più minuta) sono loquaci e gentili durante le conferenze stampa e, in questo nuovo incontro, molto grati all’Istituto Luce che proporrà una retrospettiva di tutti i film del regista. L’aria sdrucita da sessantottini indomiti fa dimenticare quanto la parola contestazione sia diventata sgradevole e superata a chi deve dar credito al facile luddismo del popolo di Seattle (contestatori globali solamente in certe date e in certi luoghi blindatissimi, dove, a volte, ci scappa un illacrimato morto). Fanno tenerezza nella loro coerenza paziente di chi crede ancora alla modificabilità degli eventi storici e al ricompattamento di nuove forme di partecipazione politica. Parlano dell’attuale situazione italiana con vivida preoccupazione e con un poco d’invidia, dettata dalla convinzione che “bisognerà lottare per non annoiarsi e per evitare che l’onda reazionaria vi travolga”; una stoccata qua e là in difesa del cinema popolare europeo degli ultimi anni, affermando che Pearl Harbor tratta gli spettatori come imberbi imbecilli e che il cinema francese è in piena ripresa, dopo essere stato, per tutti gli anni Ottanta, una sorta di sotto Nouvelle Vague disastrosa. Tutto ciò dà l’impressione che i due fatichino molto a uscire dai ruoli di maître à penser (Guédiguian) o d’attrice fortemente engagée e atipica (Ascaride).
A l’attaque! è un film nel film, in altre parole due sceneggiatori a caccia di un soggetto, in un giardinetto privato dell’Estaque (il solito quartiere-feticcio) mettono a punto una favola morale, d’argomento politico, incentrata sulla famiglia Moliterno, marsigliesi d’origini italiane; il canovaccio si fa e si disfa, tra un caffè e una litigata. Si decide di fare un elogio del proletariato contro la globalizzazione economica delle multinazionali in forma di pochade: la famiglia in questione gestisce un garage, Moliterno&Co., dove si ammazzano di lavoro Gigi, meccanico, e sua sorella vedova, Lola, che lucida le macchine riparate e si tiene lontana dalle profferte amorose e sessuali del cugino Jean-Do, il tuttofare del posto, e Marthe, la contabile dell’officina, moglie insoddisfatta di Gigi. Nella casetta del quintetto c’è spazio anche per il nonno in pensione che si occupa del pupo di Lola, cui canta canzoni come Bella ciao e La società dei magnaccioni. Tra sorrisi e inevitabili crucci economici, l’improvvisa liquidazione economica-giudiziale di una ditta insolvente metterà a dura prova le tasche e la pazienza dei nostri piccoli eroi. Malgrado Lola abbia una tenera liaison col direttore di banca locale, pagare il mutuo per il garage si rivela impossibile. In tempi di globalizzazione e di disoccupazione cronica, la famigliola giocherà tutte le sue carte per non soccombere (e con tanto di rapimento del ricco bancarottiere). Gli episodi e le gag esilaranti si sprecano, ma essendo un film interattivo, come lo ha definito lo stesso Guédiguain, sta allo spettatore trovare la maniera di interagire con i personaggi messi in scena come marionette plasmabili (Lola, per dire, prima cade a terra uccisa da una fucilata e nella sequenza successiva sta benissimo e strizza l’occhio allo spettatore. In buona sostanza, la vecchia formula della commedia dell’arte). In un manicheismo programmatico, i buoni del film sono proprio belle persone, mentre i cattivi sono orripilanti e quindi ricchissimi.

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