Altre Visioni 3 - Le Genti di Montagna

Mostra

La mostra, con la curatela e direzione artistica di Nicoletta Tamanini, è promossa dalla locale associazione culturale Il Quadrifoglio,

L’evento fa parte della rassegna Fior di Palazzo e si avvale del patrocinio di: Comune di Livo, Provincia Autonoma di Trento, Regione Trentino Alto Adige, Cassa rurale Val di Non, - Rotaliana e Giovo, BIM dell'Adige - Consorzio dei Comuni della Provincia di Trento e del supporto finanziatori di numerosi sponsor locali

Espongono.
Tullio Garbari, Carlo Sartori, Pietro Verdini;
Flavio Faganello, Marco simonini
Simone Turra, Matthias Sieff
Ospite illustre, con ben tre dipinti realizzati tra il 1915 e il 1917 durante il forzato, doloroso soggiorno a Milano per gli eventi bellici, è il pittore perginese Tullio Garbari, scomparso prematuramente a Parigi nel 1931 all’età di 39 anni. Pur influenzato in quel periodo dalla pittura colta del tempo già si intravvedono nella sua opera, forse anche a causa della nostalgia dovuta alla lontananza, il legame con la terra d’origine ed alcuni segni connotativi di quel linguaggio assolutamente personale che l’artista maturerà nel corso del suo breve, seppur tormentato percorso creativo.

Diverso il registro poetico di Carlo Sartori, il pittore contadino, non ancora pienamente compreso nella poliedrica complessità del suo “fenomeno” artistico, il cui apprezzato e variopinto pennello narra prevalentemente, ma non solo, le storie della ruralità trentina, dei suoi usi e delle sue tradizioni. Una ricerca, quella del pittore del Lomaso che, da autodidatta, lo porterà con costanza e passione fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2010,ad essere artista colto e ben formato, latore, per quanto riguarda questo tema, di una poetica semplice ed immediatamente comprensibile come semplice è, apparentemente, la vita contadina, ricca di piccoli momenti di gioia, di garbata ironia, di serena condivisione, ma anche di attimi di disperazione e profonda religiosità.

Toscano d’origine ma trentino, o meglio perginese, d’adozione e sentimenti è invece il terzo pittore presente nel percorso espositivo, Pietro Verdini oggi quasi ottantasettenne. Protagonista di una vita degna di un romanzo d’avventura che dalla povera Lunigiana lo condurrà attraverso i conventi toscani fino al Santuario de La Verna per poi, dopo un percorso lavorativo nella Guardia di Finanza, consegnarlo definitivamente all’arte, Verdini è un altro cantore delle genti trentine, simili per carattere e fisionomia alle popolazioni dell’entroterra tosco–emiliano da cui proviene. Folgorato dalle terrecotte invetriate dei Della Robbia che ben ha conosciuto e ammirato nella sua infanzia e adolescenza,tanto da rendere le cromie bianche e blu uno dei segni connotativi della sua pittura, l’artista perginese si rivela, tra le molte tematiche da lui trattate, anche eccellente interprete della malinconica e solitaria poetica e della genuina religiosità di una delle popolazioni più interessanti del territorio trentino, la popolazione dei Mocheni, gruppo ancor oggi germanofono, stabilitosi in epoca medioevale nella valle che da essi prende il nome.

Prevalentemente a questa valle, definita dallo scrittore austriaco Robert Musil nella novella Grigia “la valle
incantata” che dalle sorgenti del torrente Fersina giunge fino a Pergine Valsugana, ma in realtà diffusa a tutto il territorio regionale e alla sua gente, è invece la ricerca di uno dei grandi narratori e testimoni della cultura di montagna,il fotografo Flavio Faganello, scomparso nel 2005. Nativo di Terzolas, con eccellente tecnica, abilità del fotoreportere rara sensibilità umana, Faganello ha fissato nel tempo scatti immortali che descrivono in maniera quasi pittoricaanche grazie al sapiente uso del bianco/nero, situazioni, usi, tradizioni e semplici momenti quotidiani, sublimandoli
in narrazioni di un vissuto contadino carico di poesia e umanità oggi assolutamente scomparsi.

Simile nell’intento, ma differente per l’ovvio divario temporale in cui gli scatti sono stati realizzati, è il percorso artistico di Marco Simonini, fotografo roveretano da sempre innamorato del paesaggio trentino e delle sue bellezze naturalistiche e da anni impegnato anche nel documentare, con garbo e curiosità, ciò che residua oggi sul territorio delle antiche tradizioni contadine, come la pratica dell’alpeggio, l’attività del malgaro e del casaro, la coltivazione dei campi e la cura degli ultimi, preziosi castagneti. Un lavoro non di sola e pura documentazione, ma anche di ricerca di un possibile equilibrio tra antiche pratiche e necessario progresso tecnologico nella cura attuale del territorio montano.

Nella valle del Primiero, a Tonadico, è nato e tuttora lavora lo scultore Simone Turra. Selezionando spesso
personalmente le pietre da scolpire tra le rocce dei monti circostanti e alternandole, nelle sue opere, con l’impiego di altri materiali tra cui legno, gesso o bronzo, Turra delinea un’umanità di particolare forza e fisicità, caricata dal peso e dalla fatica di una vita trascorsa in terre difficili e, fino a qualche anno fa, piuttosto isolate, come alcune zone del territorio in cui è nato. Pur innegabilmente ispirato dai grandi maestri del passato, le sue sculture, da sempre, hanno preso a modello le attuali genti del Primiero riportandone la robusta fisicità, le caratteristiche fisionomiche, perfino il nome. Ne scaturiscono figure spesso anche di grandi dimensioni, dal sapore vagamente arcaico, ben collocate nello spazio e radicate nel terreno, efficace rappresentazione di un’umanità in continua, perfetta simbiosi con l’ambiente naturale da cui proviene e in cui tuttora vive.

Dominato dal Gruppo del Sassolungo, in valle di Fassa, è invece situato l’atelier di Matthias Sieff, il più giovane tra gli artisti presenti in mostra. Dotato di un linguaggio originale, immediatamente riconoscibile, l’artista ladino, pur continuando l’antica tradizione dei suoi avi, attualizza la scultura lignea interpretandone l’intima essenza. Lo stile asciutto ed essenziale pur rotondo, mai compiaciuto, di Sieff, la massiccia fisicità e lo sguardo sicuro, diretto delle figure, quasi contemporanee divinità, da lui scolpite, lasciano intuire infatti il vero spirito che anima la valle e la sua gente, gente solida e robusta, nel corpo e nello spirito come il gruppo dolomitico che la sovrasta e protegge. “Alt(r)e Visioni 3. Le genti di montagna” si snoda quindi in
un percorso espositivo estremamente vario e stimolante in cui sette artisti con più di settanta opere tra dipinti, fotografie e sculture, pur trovando uno spazio a ciascuno dedicato, dialogano in alcuni punti armonicamente tra loro. Si tratta, come detto, di personalità assai diverse per cultura, formazione e modalità espressive, operanti in un arco temporale che dai primi del Novecento giunge fino alla contemporaneità, ma unite dall’amore e dal legame per il loro territorio d’origine e per i suoi abitanti: le genti di montagna