Andrea Chimenti. Il porto sepolto

Manifestazioni ed eventi

Un viaggio in bilico tra la sconfitta e il successo. L'uomo con le proprie forze, nel tentativo di dare una risposta ai grandi interrogativi, fallisce; ma da un sentimento iniziale di annientamento avviene poi la rinascita dove tutto appare in una forma nuova, ricca di contenuti che danno un nuovo senso alla vita. Questo accade a Tolstoj ad un certo punto della propria esistenza, quando i grandi interrogativi rimangono insoluti e la scienza non sa venire in soccorso alla sua sofferenza. Anche se in modo diverso accade a Giovanni Drogo, il protagonista de "Il Deserto Dei Tartari" di Buzzati, che incontra il suo fallimento in una fortezza attendendo il nemico in un sogno di gloria, nemico che mai si presenta se non quando Giovanni Drogo è vecchio e ammalato e impossibilitato ad affrontarlo. I due protagonisti vedono naufragare le loro certezze e speranze ma attraverso la sofferenza e l'umiltà ritrovata si schiude in loro qualcosa che li trascende illuminandoli, come direbbe Ungaretti, "d'immenso".
È proprio Ungaretti, con la sua lirica trasportata nella forma canzone, che accompagna l'ascolto di queste letture creando ponti immaginari tra la pura emozione e il vissuto, tra le esperienze del quotidiano e il significato che sta dietro ad esse.
Oggi siamo così abituati a vivere le apparenze del nostro quotidiano che la poesia sembra non trovare più un suo spazio. La poesia appare a molti come qualcosa di slegato dai nostri ritmi. Non abbiamo tempo di soffermarci sugli avvenimenti e sulle cose e non riusciamo più a leggere i significati che nascondono. Ogni significato nel nostro vivere è stato sapientemente velato da un caos sempre più violento e pigramente abituati non reagiamo pensando che in fin dei conti questa è la vita, e se così deve essere, l'unica cosa che possiamo fare è navigarla solcando le sue acque più a lungo possibile. Così passano gli anni e tante meraviglie sotto i nostri occhi senza che ce ne accorgiamo, sempre intenti a inseguire i nostri progetti cercando di piegare la realtà a ciò che vorremmo e sempre tristi perché questa mai coincide con le nostre aspettative. Camminiamo guardando in terra e lo sguardo non si alza mai oltre, perché il cielo sembra qualcosa che non ci appartiene, è solo un peso sulle nostre teste. Forse con questo scuro sentimento mi sono avvicinato alla poesia, con la notte dentro, perché è nella notte che si coglie la luce, solo nella notte. Tutto è cominciato qualche anno fa quando Franco Di Francescantonio (attore che stimo) mi ha chiesto di musicare una poesia per un suo spettacolo; la mia scelta è caduta su "Vanità" di Giuseppe Ungaretti. Con un po' di pudore ho provato a cantarla con la paura di profanare qualcosa che non era nato per la canzone, ma quando mi sono accorto che tutto scorreva così naturalmente e che le note potevano divenire un nuovo veicolo per quelle parole così intense, mi sono lasciato andare e così sono nate nove canzoni. Ungaretti parla con la voce del cuore, l'unica voce che può attraversare il muro delle apparenze

Il muro della presunzione umana restituendo così la nostra vera realtà fatta di fango e che pur non potendo essere guarita, Ungaretti riesce ad innalzare grazie all'umiltà e ad una profonda consapevolezza. La grande poesia è l'arte del raccontare cosa sta dietro, cosa si muove dentro, cosa scorre sotto e cosa passa al di sopra delle cose, dei nostri pensieri, azioni. Oggi si racconta spesso con parole e immagini che racchiudono il vuoto e io mi sento stanco, ho bisogno di ritrovare significati, di tornare alla fonte della buona acqua dove tutto ti parla, dove si passa dal distratto sentire all'ascolto e dall'ascolto al profondo sentire.
Grazie a Giuseppe Ungaretti e grazie alla figlia Annamaria che con tanta gentilezza mi ha accordato il permesso di utilizzare le poesie del padre. Il mio canto non ne è certo all'altezza essendo poca cosa, ma la sincerità con cui è nato spero che riesca a colmare un poco la distanza tra l'arte di un grande poeta e quella di un musicista emozionato.
Ho passato alcuni anni di silenzio ma le parole di Ungaretti mi hanno convinto ad uscire nuovamente allo scoperto. Il CD si intitola "Il Porto Sepolto" ed è uscito per l'etichetta Audioglobe. La musica è scarna, minimale….un piano, una chitarra, un trio di archi e la mia voce insegue con la melodia delle parole che sento fare ormai parte di me. Dal vivo tutto questo è immerso in alcune letture tratte da "La Confessione" di Tolstoy e da "Il Deserto Dei Tartari" di Buzzati; Ungaretti lega questo percorso letterario, un percorso che non voglio svelare ma che lo scoprirà chi vorrà ascoltare».


organizzazione: Comune di Rovereto Assessorato alle Attività Culturali