Arte in Giardino

Mostra

A Cles per “Arte in giardino 2004” sei artisti reinterpretano il paesaggio cittadino, entrando in contatto diretto con il tessuto sociale del luogo e proponendo riflessioni sul momento attuale attraverso l’interazione tra il linguaggio artistico contemporaneo e quello vegetale della tradizione dei giardini. I sei interventi di arte pubblica sono dislocati per le vie del centro storico e sono stati progettati appositamente da altrettanti autori della regione.

La tradizione di progettare giardini si perde in antiche modalità: dai giardini pensili babilonesi a quelli all’italiana e all’inglese, passando per il giardino zen e arrivando fino ai progetti dell’ultimo secolo che hanno interessato nomi di spicco dell’arte internazionale. Da sempre nei giardini è stata forte l’interazione tra i colori e i disegni delle piante, dei fiori, dell’erba e delle siepi con sculture, pietre e architetture.

Arte in giardino a Cles propone una versione contemporanea di giardino, attualizzando la presenza vegetale e l’intervento artistico al momento che stiamo vivendo. Questo esempio di arte pubblica, di arte che esce dai confini dei musei per entrare in contatto diretto con il tessuto cittadino e per raggiungere un pubblico più ampio, non è inteso come puro intervento decorativo, ma come meccanismo atto a coinvolgere e spiazzare attraverso tensioni formali e concettuali anche il passante meno abituato all’arte contemporanea.

In particolare i sei giardini realizzati in punti centrali della cittadina in collaborazione con giardinieri e fiorai della zona sono interventi site specific, ossia progetti pensati appositamente per il luogo da altrettanti artisti contemporanei che lavorano in regione. Nelle installazioni è presente una stretta interazione tra l’opera e il giardino nella quale risulta inserita e non si tratta quindi delle cosiddette drop sculptures, delle sculture cadute dal cielo e completamente slegate dall’ambiente circostante. Ogni intervento crea uno spazio dove la sperimentazione dialoga con la tradizione, l’arte con la decorazione, l’installazione con la città.

In un’epoca in cui tutto è veloce e virtuale Arte in giardino ristabilisce gli equilibri con la tradizione e con il verde, dando forma a un realtà in cui la natura prende il sopravvento sulla supremazia del digitale, e filtrando attraverso le opere e attraverso una nuova dimensione immaginativa quest’idea di forti tensioni propria della nostra società. Gli argomenti affrontati attraverso l’interazione tra il linguaggio artistico e quello vegetale nelle opere fruibili da un pubblico ampio sono quindi estremamente attuali, come l’idea di nazione, l’ingegneria genetica, l’iper-urbanizzazione.

Curato da Mariella Rossi
Promosso dal Comune di Cles
Sponsorizzato da Cassa Rurale di Tuenno-Val di Non e Regione Trentino Alto Adige
Organizzato da ASPART-Associazione Gallerie d'Arte di Trento
Gallerie partecipanti:
Studio d'Arte Raffaelli, Trento
Galleria d'Arte Argo, Trento
Galleria d'Arte il Castello, Trento
Galleria d'Arte Il Cenacolo, Trento
Patrizia Buonanno Arte Contemporanea, Mezzolombardo
Galleria d'Arte Fedrizzi, Cles

I PROGETTI DEGLI ARTISTI DA VICINO:

Stefano Cagol ha ideato un’opera concettuale dove i fiori sono l’unico elemento espressivo utilizzato per realizzare una riflessione sul momento attuale. Attraverso la bellezza e l’evoluzione continua dell’elemento vegetale ha rappresentato una bandiera simbolo del nostro tempo come quella americana, nella quale l’annullamento del blu e l’assorbimento delle stelle nel bianco mette in discussione con un intervento minimo una forte realtà attuale, dando vita a letture e sentimenti contrastanti. L’opera fa parte di una serie di lavori di Cagol sulla bandiera americana, della quale fa parte anche un’installazione video e fotografica realizzata contemporaneamente nella rocca di Certaldo in Toscana.

Il Terrestrial Helmet, l’elmetto terrestre di Davide De Paoli sbuca dall’erba alta apparendo ambiguamente come elemento di offesa contro il verde o come arma di difesa della natura contro l’uomo. Pare infatti affiorare dal sottosuolo un’archeologia di un conflitto ormai finito, intaccata dalla natura e sputata fuori alla luce da un verde che si è riappropriato di un piccolo spazio nella dimensione urbana. La forma turgida della scultura in resina richiama però anche una morfologia vegetale, abnorme e irriconoscibile come se fosse una reazione di difesa contro una realtà contemporanea che sta soffocando la natura.

L’opera scultorea di Paolo Dolzan è un indistinto agglomerato corporeo, come il risultato di una mutazione, di una sorta di esperimento genetico non sopravvissuto. Se i materiali utilizzati – gesso, canapa e stoffa - e l’effetto cromatico – marrone - sono naturali, risulta forte il contrasto con la freddezza della superficie su cui è posizionata: la lastra metallica appare come il piano di un tavolo da laboratorio. Sull’asettico metallo sta però prendendo il sopravvento la natura, sbucando da un oblò e trasformando il laboratorio e il suo mutante in una scongiurabile archeologia scientifica, di cui la stessa lastra sembra la tomba.

La struttura di Ulrich Egger si presenta come un macchinario di un passato irriconoscibile o di un futuro post-digitale. Il ferro arrugginito della scultura rimanda inevitabilmente ad immagini di archeologia industriale. Il prodotto finale del meccanismo però, invece di rientrare in un surplus di offerta, sforna un prezioso tappeto verde. Dal rullo fuoriesce un fitto manto erboso, pronto a riappropriarsi della superficie cittadina, riportando a una dimensione naturale la realtà ormai urbanizzata di un paese di montagna.

Indecifrabile appare a prima vista il codice utilizzato da Arthur Kostner, visto che il suo linguaggio tonale si basa esclusivamente sulla forza dei colori. In scala cromatica ha destrutturato il verde assoluto dell’erba antistante. L’asta orizzontale alterna con regolarità il bianco, il giallo, l’azzurro, il blu e il nero, facendo apparire queste sezioni di colore come le parole di una frase. Si tratta della ricerca di un linguaggio nuovo, naturale e concreto, lontano dalla freddezza distaccata del mondo virtuale.

L’unica presenza umana è costituita dalla scultura di Bruno Lucchi. La sua opera antropomorfa in bronzo è posta all’ingresso del centro storico della cittadina e quindi introduce come una vedetta al progetto d’arte pubblica. Le fattezze idealizzate sospendono l’individuo rappresentato tra mitologie passate e leggende future. Ad essere evocata è una storia locale arcaica disseminata di vati, mentre l’aspetto ambiguo, ma perfetto fa apparire l’Androgino come l’abitante di un futuro in cui la razza umana è il risultato di una precisa selezione genetica.


organizzazione: ASPART-Associazione Gallerie d'Arte di Trento