Avevo un bel pallone rosso

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2011/2012
Fuori Abbonamento

Teatro Stabile di Bolzano
Avevo un bel pallone rosso
di Angela Demattè
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Lorenzo Carlucci
con Andrea Castelli, Angela Demattè

Premio Riccione per il Teatro 2009

In teatro uno snodo cruciale della storia italiana

Un testo crudo, scritto e interpretato da Angela Demattè, che affronta con onestà e senza sconti la tragedia del terrorismo con le sue vittime innocenti. Nello spettacolo si assiste a un progressivo, drammatico mutamento attraverso il dialogo serrato, intenso, doloroso con il padre della Cagol, un uomo semplice, anche lui inesorabilmente normale, nella magistrale interpretazione di Andrea Castelli. E uscendo dal teatro si è costretti a riflettere, avendo la sensazione di non aver perso una serata.
Emilia Costantini / Corriere della Sera

Diretti con grazia semplice ma efficace da Carmelo Rifici, solo due attori in scena, padre e figlia. Ovvero un Andrea Castelli che ottimamente incarna il conflitto emotivo e generazionale per quella figlia ribelle e dalle strane idee che frequenta cattive compagnie e che nemmeno il matrimonio con quel Renato sistemerà, e la stessa Angela Demattè che da timida ragazza di buona famiglia diviene poco a poco (anno dopo anno) sempre più decisa e fredda ma incapace di rompere con il padre. Da vedere.
Luca Vido / Il Giorno

Sorprendono il garbo, il pudore e l’equilibrio che la giovane drammaturga trentina, anche protagonista perfettamente in parte, riesce a mantenere tra i due personaggi, raccontando senza partigianerie l’aprirsi di un divario generazionale e ideologico che ha le sue buone ragioni da una parte e dall’altra.
Claudia Cannella / Hystrio

Quel che affascina di questo spettacolo – così lineare, pulito, verrebbe da dire “tradizionale” – è proprio l’evoluzione del linguaggio, la dialettica. La tensione padre-figlia si muta, infatti sottilmente e inesorabilmente, in un dialogo che assume toni sconcertanti di una incomunicabilità dovuta a vocabolari, dizionari, lingue sempre più lontane.
Andrea Porcheddu / Del Teatro.it

La storia vera della brigatista rossa Mara Cagol diventa per la giovane autrice Angela Demattè materia per raccontare gli anni bui del terrorismo attraverso l’incomunicabilità tra un padre e una figlia. Una distanza generazionale che diventa linguistica, dal dialetto del quotidiano all’italiano politicizzato dei proclami Br, in un testo teso e intelligente.
Simona Spaventa/ la Repubblica