Beni comuni, proprietà collettive e usi civici in Trentino tra '700 e '900

Mostra

Beni comuni, proprietà collettive e usi civici in Trentino tra '700 e '900
Storia - cartografia - documenti - oggetti della cultura materiale

Mappe, documenti, oggetti della cultura materiale illustrano le trasformazioni delle secolari pratiche di utilizzo collettivo dei boschi e dei pascoli appartenenti alle comunità trentine intervenute nel corso dell'Ottocento e fino alla legge sugli "usi civici" del 1927.
A cura di Mauro Nequirito.
In collaborazione con la Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici della Provincia Autonoma di Trento.

Sarà aperta fino al 6 gennaio 2012 la mostra Beni comuni, proprietà collettive e usi civici in Trentino tra ‘700 e ‘900. Storia - cartografia - documenti - oggetti della cultura materiale, che verrà inaugurata mercoledì 12 ottobre 2011 alle ore 17:00, alla presenza dell’Assessore provinciale alla Cultura, Rapporti europei e Cooperazione Franco Panizza.

La mostra è realizzata grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici della Provincia autonoma di Trento e il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina. Con l’occasione sarà presentato il nuovo volume della Collana «Beni librari e archivistici del Trentino/Quaderni»: Mauro Nequirito, «Non abbiasi a vedere alcuno ridotto in estrema miseria e povertà». Beni comuni, proprietà collettive e usi civici sulla montagna trentina tra ‘700 e ‘900, Provincia autonoma di Trento - Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici, 2011.

Fin dai tempi antichi, le popolazioni insediate nella regione che nell’Ottocento sarebbe stata denominata ‘Trentino’ sfruttavano secondo modalità collettive le vaste risorse boschive e pascolive a esse appartenenti. Il tipo particolare di economia agrosilvopastorale sviluppatasi in quest’area (così come nel vicino Tirolo e in generale in tutto l'arco alpino), dove non erano disponibili grandi estensioni di terra coltivabile e nelle alte valli quest'ultima era così esigua e scarsamente produttiva da far assumere la massima rilevanza all'allevamento del bestiame e allo sfruttamento del bosco, ha determinato lo sviluppo di queste forme particolari di utilizzo del territorio.
Ben prima dell'XI secolo, quando fu conferito al vescovo di Trento il potere temporale, erano le comunità e non i singoli a essere proprietarie della gran parte delle estensioni boschive e pascolive, risorse, queste, che non furono suddivise tra le famiglie (come avvenne invece nel corso dei secoli per i campi e i prati vicini agli abitati) anche perché difficilmente avrebbero potuto essere sfruttate con le poche forze a disposizione di un nucleo parentale. Era ineluttabile perciò l'instaurarsi in Trentino di un regime collaborativo tra l'intera popolazione di uno stesso luogo, visto che, inoltre, il mantenimento di quelle vaste superfici silvopastorali come aree indivise e a disposizione di tutti garantiva la sopravvivenza anche ai più indigenti.
Il periodo compreso all’incirca tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni del Novecento vide notevoli trasformazioni nelle tradizionali pratiche di utilizzo dei boschi e dei pascoli, trasformazioni conseguenti ai mutati contesti economici e politici e imposte dalle autorità dello Stato, prima quello asburgico, poi quello italiano. Nonostante nel tardo Settecento e poi nel corso dell’Ottocento la privatizzazione di tali risorse, che si sarebbe dovuta ottenere attraverso la suddivisione delle stesse tra i membri di ogni comune, fosse desiderata dai governi che, in ossequio allo spirito di quei tempi, mal tolleravano le vestigia della conduzione collettivista, ciò non avvenne, trattandosi di un progetto impraticabile per diversi motivi.

Dopo gli attacchi mossi nei confronti di tali gestioni e del libero accesso ai boschi e ai pascoli da parte delle popolazioni locali, il governo austriaco comprese che quelle consuetudini garantivano la sopravvivenza della montagna trentino-tirolese. Allo stesso modo, la lotta condotta nel medesimo periodo contro le assai diffuse servitù, che attestavano come uno stesso bene silvopastorale fosse utilizzato in maniera articolata, limitando i diritti proprietari a vantaggio di altri soggetti, si trasformò con l’applicazione delle leggi di metà Ottocento soprattutto in un’operazione di riordino dei criteri di sfruttamento promiscuo e solo in casi limitati si giunse alla totale soppressione delle servitù stesse.
A cavallo tra Otto e Novecento furono varate leggi a difesa dell’alpeggio, attività precedentemente penalizzata. Con il continuo miglioramento della rete viaria, infatti, si aprirono nuove prospettive per la circolazione di prodotti all’interno della monarchia austro-ungarica. Il bosco non appariva più come l’unica risorsa delle aree montagnose e sia il bestiame d’allevamento, che i prodotti lattiero-caseari incominciavano a essere richiesti anche fuori dal territorio trentino-tirolese. I criteri di lavorazione però, almeno in Trentino, erano obsoleti e i prodotti spesso scarsamente commerciabili a causa della loro cattiva qualità. La tradizionale gestione comunitaria delle malghe appariva perdente a causa della poca pulizia, della scorretta lavorazione del latte e della cattiva conservazione del burro e dei formaggi, mentre gli stessi alpeggi e i relativi fabbricati risultavano in molti casi disastrati. L’azione del governo volta a sollecitare le migliorie tramite la concessione di fondi pubblici, fu importante e si affiancò all’impegno delle forze locali nell’avviare il risanamento del settore. La guerra arrestò momentaneamente il processo evolutivo in atto e consegnò all’Italia un territorio devastato dagli eventi bellici mentre di lì a un decennio la famigerata legge del 1927 avente come obiettivi l'accertamento, la valutazione e l'affrancazione degli usi civici mise in discussione le amministrazioni collettive di beni silvopastorali in generale. In particolare furono attaccate in Trentino e in Alto Adige quelle forme consorziali vecchie di secoli, ‘chiuse’ poiché a vantaggio solo di un numero ristretto di abitanti, i beni delle quali si tentò di far confluire «con una certa disinvoltura, cioè senza alcun fondamento giuridico [...] nel pentolone del comune».

La mostra presenta attraverso una serie di pannelli un percorso storico sul tema in oggetto nei due secoli qui considerati. I materiali esposti, cui la sintesi storica funge da corredo e da esplicazione, consistono soprattutto in mappe, alcuni documenti manoscritti particolarmente significativi e oggetti che richiamano la cultura materiale inerente all’alpeggio e alla silvicoltura. Saranno attivati laboratori specifici per le scuole a cura dei Servizi educativi del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina e organizzate visite guidate all’esposizione, tra cui si segnalano le visite di sabato 22 e domenica 23 ottobre alle ore 15:00 in occasione del Festival dell’Ecoscienza Biodiversamente, organizzato dal WWF in collaborazione con l’Associazione Nazionale Musei Scientifici.

Didascalie immagini:
Mappa settecentesca rappresentante la zona montuosa del Perginese verso la Val dei Mòcheni. Archivio storico del Comune di Trento
Stampo da burro. Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina


organizzazione: Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - in collaborazione con P.A.T. Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici