Capitalism: a Love Story

Cinema

Effetto Notte. Cineforum 2009/2010

Usa, 2009
Titolo originale: Capitalism: a Love Story
Genere: Documentario
Durata: 120'
Regia: Michael Moore
Sceneggiatura: Michael Moore
Produzione: Dog Eat Dog Films, Overture Films, Paramount Vantage
Distribuzione: Mikado
Montaggio: Jessica Brunetto, Tanya Meillier, Conor O’Neill, Pablo Proenza, Todd Woody Richman, John W. Walter
Fotografia: Daniel Marracino, Jayme Roy
Musiche: Jeff Gibbs

Questa volta Michael Moore prende le mosse da lontano, addirittura dall’Impero Romano, per mostrare come i segnali di decadenza siano rintracciabili nella realtà odierna. La domanda è più che mai esplicita, con la risposta già incorporata: quanto è alto il prezzo che il popolo americano paga a causa della confusione operata tra il concetto di Capitalismo e quello di Democrazia? Per Moore i due termini non coincidono anzi sono in netta opposizione soprattutto ora, dopo la crisi mondiale di cui tutti paghiamo le conseguenze. Per sostenere la sua tesi questa volta il regista fa un uso molto più ridotto di gag verbali e visive (anche se non ci risparmia un nuovo doppiaggio del Gesù di Zeffirelli in versione liberistico-sfrenata). Perché questa volta il tema è talmente serio che lo spazio per la risata non può che essere ridotto. È ora di passare all’azione secondo Moore. Non per sovvertire un sistema ma per riportarlo alla purezza delle origini.
In una società in cui può esistere un gruppo immobiliare che si autodefinisce gli Avvoltoi (il cui compito è acquistare a prezzi stracciati case già pignorate per poi rivenderle facendo profitti) e in cui la classe media vede falcidiati i propri beni primari dalla rapacità di banche prive di scrupolo, Moore non può sentirsi a suo agio. E non può non solidarizzare con chi pensa che i rapinatori non siano solo quelli proposti in sequenza nelle immagini delle televisioni a circuito chiuso di banche e negozi. Oggi ci sono rapinatori che agiscono sulla sorte di milioni di persone. La storia delle aziende che si arricchiscono quando i loro dipendenti muoiono, perché hanno stipulato di nascosto polizze sulla vita a proprio vantaggio, è forse la più impressionante. Ma c’è anche speranza: in Obama.
È un film più efficace di Fahrenheit 9/11 e più equilibrato di Sicko. Forse il migliore di Moore da Bowling a Columbine in poi. Moore porta come esempio positivo, tra le altre, la nostra Costituzione. Faremmo bene ogni tanto a rileggerla.

con il sostegno di Cassa Rurale di Pergine


organizzazione: Circolo del cinema "Effetto notte"