Carzano 1917

Convegno

Pagine tra storia e memoria

Luigi Sardi, Carzano 1917, Curcu & Genovese, 2007

Bello come un sogno, fantastico come una leggenda, Carzano avrebbe potuto e dovuto essere la Caporetto austriaca evitando all’Italia la tragedia dell’ottobre 1917. Invece fu un tentativo fallito. Nel bollettino austriaco del 19 settembre 1917 si legge: “Presso il Gruppo d’esercito del Feldmarschall Conrad von Hötzerdorf un contrattacco sferrato per la riconquista di un tratto di fronte momentaneamente ceduto al nemico presso Carzano, ebbe successo completo. Furono fatti prigionieri 6 ufficiali ed oltre 300 uomini”. Altrettanto laconico il bollettino ufficiale italiano del 20 settembre 1917: “In direzione di Carzano (Valsugana) un nostro reparto riusciva a spingersi oltre le linee nemiche del torrente Maso e a catturarvi circa 200 prigionieri”. Nessun cenno alle gravi perdite subite: morti, feriti, dispersi, prigionieri. Insomma, un episodio insignificante, buono solo per la felice matita di Achille Beltrame, che austriaci e italiani preferirono oscurare. Gli italiani per la grave delusione patita, gli austriaci per il grandissimo pericolo corso nel cuore di quella notte di settembre. In Italia non ci furono fughe di notizie, indiscrezioni, commenti, anche perché Caporetto assorbì ogni forza, ogni pensiero. Invece in Austria si susseguirono le inchieste e di Carzano si occupò prima il Consiglio di Difesa Nazionale poi in seduta pubblica la Camera dei Deputati. La verità venne a galla il 5 maggio del 1918 quando il Ministro della Difesa Nazionale parlò del tradimento di Carzano dicendo: “Il Paese si deve rallegrare per aver potuto superare, senza letali conseguenze per l’Impero, il grave pericolo che lo aveva minacciato, la cui gravità, basata sul più abbietto tradimento, era tale da sgomentare”. Due giorni dopo, il critico militare Fabius scriveva su un giornale di Vienna: “La paralisi della nostra difesa nel settore di Carzano offrì agli italiani una rara chance di grande successo. Questo fu proprio offerto agli italiani sul vassoio, e ciò malgrado l’impresa fallì per l’incapacità del comando italiano, giacché gli italiani, stipandosi su un unico passaggio, persero tempo prezioso, non seppero conquistare di sorpresa punti strategicamente vitali. Profittando della sorpresa e dell’oscurità della notte, avrebbero potuto colpirci. È sorprendente che della brigata italiana, che era di riserva, nulla si sia sentito. È evidentemente mancato l’accordo fra il gruppo avanzato d’assalto e la brigata di riserva. Risolutezza ed energia hanno senza dubbio fatto difetto. Forse gli scaglioni retrostanti hanno avanzato con esitazione. Per questo l’operazione andò a rotoli”. C’era stato un terribile tradimento, preludio alla disgregazione dell’Impero. E l’8 maggio 1918 sui giornali di Vienna si leggeva: “Apprendiamo con orrore che la cospirazione durò settimane, che sui prigionieri furono trovate riproduzioni fotografiche e topografiche di tutte le nostre posizioni, esatte in tutti i dettagli, che le nostre truppe vennero perfidamente frodate dei loro più efficaci mezzi di difesa, che lavori di difesa nostri furono appositamente ritardati. Una grande sciagura ci ha sfiorati”.


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