Claudio Lolli in concerto

Musica

Claudio Lolli, un cantautore tra i più politicizzati degli anni 70, nasce a Bologna nel 1950. Claudio Lolli, schivo, problematico, innamorato delle atmosfere desolanti tristi e malinconiche, è abile nel mettere in musica le delusioni e il pessimismo di un'epoca generazionale.
Ci sono secondo me tre periodi che caratterizzano Lolli. Il primo periodo che va dal 1972 al 1975, dove il cantautore bolognese compone le sue canzoni con pochi arrangiamenti e con la prevalenza della sola chitarra acustica, raccontando canzoni intorno ai temi dell'amicizia, dell'ecologia, delle angosce generazionali, e denunciando in modo ironico sulla società di allora. Sono dischi questi, per lo meno i primi che occorre ascoltare quando si sta assolutamente bene, per evitare di cadere nella depressione più totale, dischi che vanno ascoltati a piccole dosi. ( scusami Claudio Lolli per quello che dico ) Il secondo periodo, quello che lo rende a mio giudizio il simbolo, il più chiaccherato, il più suonato degli anni del movimento del 77, il periodo che va dal 1975 al 1977. Un periodo in cui Lolli arricchisce gli arrangiamenti con sezioni di fiati e percussioni e per la prima volta gira in tour con un nutrito numero di musicisti, un esempio che verrà poi seguito da altri cantautori. Un disco bellissimo direi un Concept Album, che inizia con Ho visto anche degli Zingari Felici, contiene canzoni come Agosto, una canzone che racconta della strage ...della bomba che fu messa sul treno Italicus, che esplose nella galleria di San Benedetto Val di Sambro, poi Piazza bella piazza, anche questa canzone molto bella e ben musicata. Tutto il disco è a mio parere un capolavoro, ci sono parole che colpiscono il cuore. Il disco esce con un prezzo imposto di Lit. 3.500, scritto in copertina. (n.d.r. - non vorrei ricordare male, ma in quel periodo i dischi costavano almeno più del doppio, forse anche vicino alle 10.000 lire ) Qui suonano alla chitarra acustica e voce Claudio Lolli, con arrangiamenti e invenzioni strumentali di Danilo Tomasetta al sax tenore,sax contralto, flauto traverso, Roberto Soldati alla chitarra elettrica ed acustica, Roberto Costa al basso elettrico e percussioni, Adriano Pedini alla batteria e percussioni. Nel retro della copertina viene scritto:
"Ho visto degli zingari felici " nasce come ballata alla fine di giugno del 1975, come conseguenza e tentativo di adeguamento e rinnovamento espressivo nei confronti della nuova e più dinamica situazione politica che, secondo gli autori, richiede nuovi e più avanzati livelli di intervento anche in campo di elaborazione culturale. Nella sua parte letteraria la ballata è una specie di storia affettiva di una piazza e delle evoluzioni che il rapporto tra noi e questa subisce nel corso di un determinato periodo (un anno?) sempre più facendosi organico e importante. Dove la piazza (che nell'occasione è Piazza Maggiore di Bologna) rappresenta non solo tutte le piazze d'Italia, che in questo anno hanno vissuto una notevole crescita di "crucialità" anche culturale, ma in generale lo spazio aperto, politico, che rompe i contorni di isolamento che il riflusso degli ultimi anni aveva in parte ricreato. La piazza simboleggia una nuova spinta al concreto operare politico, un nuovo ritrovarsi insieme in modo non artificioso nè frustrante, a festeggiare senza illusioni e trionfalismi, ma pur sempre a festeggiare, una vittoria reale e popolare. Questa storia si svolge attorno a due poli, e se uno è appunto quello del 15,16,17 giugno 1975, l'altro è quello dell'agosto 74, quando a breve distanza dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia, la Piazza di Bologna doveva ospitare i funerali di dieci delle dodici vittime dell'Italicus, subendo anche l'affronto della presenza, a dir poco sconcertante, in nome del governo, di personaggi del calibro di Leone e Fanfani.
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