Come Pioggia

Mostra
Hannah Rowan, Tides in the Body, 2023, video 4k, 14 min. Courtesy l’artista; C+N Gallery Canepaneri

Opere d’arte contemporanea dalla piattaforma creativa sui temi ambientali We Are the Flood di MUSE – Museo delle scienze Trento a cura di Stefano Cagol

Eugenio Ampudia (ES), Saverio Bonato (IT), Stefano Caimi (IT), Hannes Egger (IT), Nezaket Ekici (DE/TK),
Micol Grazioli (IT), Elena Lavellés (ES), Silvia Listorti (IT), Mary Mattingly (US), Philipp Messner (IT/DE),
Giulia Nelli (IT), Hannah Rowan (UK), Giacomo Segantin (IT), g. olmo stuppia (IT)

+ Project Room: Come Pioggia. Generazione Antropocene

Eleonora Ambrosini (IT), Eduardo De Maio (IT), Francesca Fattinger (IT), Pamela Frasson (IT), Angela
Fusillo (IT), Marco Gentilini (IT), Nicoletta Grillo (IT), Lisa Guerra (IT), Angela Miceli (IT), Paola Monardo (IT),
Isabella Nardon (IT), Jacopo Noera (IT), Leonardo Panizza (IT), Edoardo Spata (IT), Maria Chiara Wang (IT)

L’approccio visionario dell’arte e quello anticipatore della scienza s’incontrano per immaginare futuri desiderabili a Castel Belasi nella mostra “Come pioggia” a cura di Stefano Cagol, direttore artistico del castello, realizzata in collaborazione con il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e nata dalla piattaforma creativa del museo sulle questioni ambientali “We Are the Flood | Noi siamo il diluvio”, tra le prime nel suo genere in Italia, già celebrata in un libro.

L’acqua è al tempo stesso una delle risorse più importanti e l’elemento principale attraverso quale percepiamo e percepiremo gli effetti del cambiamento climatico: andando dalla siccità e alle inondazioni, dall’innalzamento dei mari alla sparizione dei ghiacci. Al contempo l’abbondanza d’acqua può rappresentare per noi un’alleata o una nemica: ci troviamo sempre più spesso a invocare la pioggia e poi, tutto d’un tratto, a fuggire dalla sua impetuosità.

Siamo allarmati se l’acqua di un corso d’acqua o un lago si abbassa, ma, appena il livello torna alla normalità, ci dimentichiamo di tutto. Questi fenomeni confondono con il loro carattere incostante, mutevole, vischioso, come spiega il filosofo anglo-americano Timothy Morton, ma il linguaggio universale dell’arte può tentare d’innescare nuovi pensieri.

A farci riflettere su questi temi dell’oggi, in mostra per “Come Pioggia” nel medievale Castel Belasi ai piedidelle Dolomiti, in dialogo con gli antichi affreschi dell’ultimo piano, dall’11 giugno a fine ottobre sono una quindicina di opere d’arte contemporanea tra video, sculture e installazioni, di artisti italiani e internazionali, sia consolidati che emergenti.

Sono lavori recenti e recentissimi, in alcuni casi inediti, altri già presentati alle biennali in giro per il mondo, che sapranno spingere i visitatori a interrogarsi e attivare molteplici livelli di lettura, mantenendo un grande fascino estetico ed evocativo.

Apre la mostra “Come Pioggia” l’opera “Lacrima” dell’artista americana Mary Mattingly (USA, 1978), più volte acclamata dal New York Times. È il risultato della sua permanenza a Trento lo scorso dicembre come primo artista in residenza di MUSE, durante la quale si è confrontata con gli scienziati del museo e con il territorio, decidendo di creare una sorta di orologio ad acqua che scandisce simbolicamente la fusione dei nostri ghiacciai.

Prodotto da MUSE e qui presentato in mostra per la prima volta è il video dell’intensa performance dell’artista turco-tedesca Nezaket Ekici (Turchia, 1970) presso le palafitte del Lago di Ledro, una sequenza di azioni e posizioni scultoree come allegoria della distanza che abbiamo preso dall’ambiente.

L’opera del giovane g. olmo stuppia (Milano, 1991) è stata realizzata come programma collaterale del Padiglione Italia all’ultima Biennale d’arte di Venezia, mentre quella di Eugenio Ampudia (Spagna, 1958), tra i maggiori artisti spagnoli, è stata pensata nel 2020 per la Biennale di Cuenca e presenta un cambio di paradigma: in “Concierto para el Bioceno”, vediamo un quartetto d’archi che suona di fronte a un pubblico di duemila piante, noi al servizio della natura.

Stefano Caimi (Merate, 1991) in “Phytosynthesis” usa un software personalizzato per rileggere forme botaniche in immagini super-reali di fiori. Come simbolo di artificialità Philipp Messner (Bolzano, 1975) prende i cannoni da neve, che usa per generare una pioggia ghiacciata irreale, perché addizionata di colorante alimentare, innocuo per l’ambiente, ma causa di una spiccata colorazione del manto nevoso, come a rendere inequivocabile il nostro impatto.

Una pioggia nera è all’origine del monocromo nero di Saverio Bonato (Schio, 1991), che ha lasciato la tela all’esterno durante una residenza d’artista a Taranto per trovarla impregnata dall’inquinamento dell’acciaieria Ilva.

Tra il nero e l’oro l’ipnotico fluido di Elena Lavellés (Spagna, 1981), che ha mischiato oro, petrolio e carbone, quali elementi alla base della società occidentale. Nubi sono protagoniste dell’opera video di Giacomo Segantin (Abano Terme, 1995), che mixa temporali, esplosioni ed esperimenti ridicoli da YouTube, tra reale e fake, tanto che il fumo fumo diviene così metafora della nostra difficoltà di comprendere la complessità degli eventi in cui siamo immersi.

Attraverso un’installazione site-specific, Giulia Nelli (Legnano, 1992) sembra penetrare tra radici di piante come acqua, per evocare l’idea d’interconnessione propria del mondo naturale.

D’interazione parla anche l’opera di Micol Grazioli (Trento, 1989), che espone un disegno monumentale, compiuto attraverso una performance partecipativa lo scorso anno al MUSE di Trento, sempre nell’ambito della piattaforma “We Are the Flood”.

Nelle sculture di vetro di Silvia Listorti (Milano, 1987), calchi di torsi umani, coincidono trasparenza e opacità, fragilità e durezza, nell’evocare il legame del vetro (e di noi stessi) con l’acqua. Hannes Egger (Merano, 1981) mostra un bivacco d’alta montagna, rifugio per antonomasia, che galleggia sull’acqua della laguna, facendo immaginare scenari d’inondazioni e di un abnorme innalzamento dei mari fino alla cima delle Alpi, fino a travolgere quelli che consideriamo i nostri rifugi sicuri.

Nuda, sola, inerme, su un iceberg che galleggia al largo dei mari della Groenlandia è, infine, Hannah Rowan (Brighton, UK, 1990) nella grande video proiezione al centro della mostra. Aggrappata all’ultimo pezzo di ghiaccio del pianeta per ricordarne l’importanza, o dedita ad abbracciarlo per curarne l’esistenza?

Di certo un’opera, e una mostra, che non mancheranno di far pensare sull’oggi e sul domani attraverso il linguaggio universale, profondo e splendido dell’arte contemporanea.

Il percorso espositivo “Come pioggia” prosegue nella project room all’interno della Sala delle Decime del maniero a piano terra. Qui il sottotitolo è “Generazione Antropocene”, tenendo conto che gli studiosi con il termine Antropocene indicano l’era dell’impatto dell’essere umano sul pianeta.

In un momento storico in cui i giovani esasperati per la crisi climatica si spingono a gesti attivisti all’interno dei musei, MUSE e Castel Belasi coinvolgono artisti giovanissimi e s’interrogano sul ruolo che i luoghi di cultura devono avere nell’aiutare a immaginare possibili domani. «Per noi musei si tratta di un richiamo a occuparci dei problemi rilevanti e attuali della nostra società, e operare non solo come qualificati custodi dei patrimoni del passato, ma anche come credibili laboratori di un pensiero rivolto al futuro», afferma Michele Lanzinger, direttore del MUSE.

Protagonisti in questa sezione della mostra sono quindici italiani under 35, tra artiste e artisti e curatori, che hanno preso parte alla masterclass di We Are the Flood, tenuta lo scorso novembre al MUSE dalla storica  dell’arte newyorchese Julie Riess (US), già direttrice del master in arte moderna e contemporanea di Christie's a New York.

Si stanno affacciando con molta convinzione al mondo dell’arte partendo da diversi punti di vista, posizioni e ruoli, e sono Eleonora Ambrosini, Eduardo De Maio, Francesca Fattinger, Pamela Frasson, Angela Fusillo, Marco Gentilini, Nicoletta Grillo, Lisa Guerra, Angela Miceli, Paola Monardo, Isabella Nardon, Jacopo Noera, Leonardo Panizza, Edoardo Spata, Maria Chiara Wang.

Esposte sono una decina di opere che includono un lungometraggio, un’installazione, lavori che utilizzano le parole e altri che sperimentano l’uso dell’intelligenza artificiale, oltre a una serie di loro testi teorici, già raccolti all’interno della pubblicazione dedicata al progetto di MUSE da cui origina la mostra, “We Are the Flood”.

La piattaforma “We Are the Flood | Noi siamo il diluvio” di MUSE, ideata e curata da Stefano Cagol, avviata lo scorso anno, si basata su multidisciplinarietà e contaminazione e aspira a radicare un noi condiviso per creare una nuova
consapevolezza, avvalendosi del linguaggio universale dell’arte e della sua capacità di tradurre questioni sempre più complesse.

Dopo i progetti espositivi a Palazzo delle Albere e negli spazi archeologici della Tridentum Sotterranea a Trento, quella a Castel Belasi è la “mostra liquida ” di “We Are the Flood”, anch’essa sviluppata in luoghi che affondano nel passato della cosiddetta era dell’impatto dell’essere umano, l’Antropocene. Le "mostre liquide" sono esposizioni agili, per scelta consapevole a basso impatto e a basso costo. L’esperienza del primo anno di “We Are the Flood” è raccontata in un libro pubblicato da Postmedia e presentato al Salone del libro di Torino 2023.

Progetto realizzato con il supporto di IBSA Foundation for scientific research. Si ringrazia DAO COOPERATIVA.
Castel Belasi, complesso fortificato medievale incastonato in bassa Valle di Non ai piedi delle Dolomiti di Brenta, dopo
un lungo processo di acquisizione e restauro, dal 2021 è un monumento storico di proprietà comunale e spazio espositivo, luogo privilegiato di fruizione delle arti, dove gli affascinanti affreschi di Quattro e Cinquecento dialogano con i linguaggi dell’oggi.

Il programma espositivo si sviluppa, infatti, attraverso mostre d’arte contemporanea di respiro internazionale e una sezione dedicata alla fotografia.

A primo piano trovano posto percorsi espositivi tematici inediti con pezzi provenienti dall’Archivio Fotografico Storico Provinciale, mentre tra le mostre d’arte contemporanea già prodotte ci sono “A line made by walking” con opere della Collezione Panza di Biumo e la personale di Stefano Cagol “Il fato dell’energia”.

Costi

Tariffa ingresso*:

Intero € 6

Ridotto € 3: minori di 18 anni; possessori biglietto d’ingresso MUSE – Museo delle scienze di Trento

Gratuito: minori di 4 anni; soggetti diversamente abili con accompagnatore; stampa, dietro presentazione tessera dell’ordine o della testata; residenti comune di Campodenno; possessori membership card MUSE – Museo delle scienze di Trento; possessori Trentino Guest Card

Gruppi (minimo 15 persone): tariffa ridotta € 3

Visite guidate gratuite al castello e alle mostre: ogni domenica H 16:00

Aperture gratuite: ogni prima domenica del mese

* ticket unico per visita al castello e alle mostre temporanee

Accessibilità:
Il percorso di visita è accessibile a soggetti diversamente abili
Privo di barriere architettoniche
Presenza ascensore

Come arrivare:
In auto: All’uscita del Casello Autostradale Mezzocorona-S.Michele All'Adige A22, imboccare la SS43, svoltare a sinistra all’altezza di Cressino e poi seguire le indicazioni per la vicina frazione di Segonzone e il castello.
Distanza in auto dal capoluogo Trento: 30 min. circa.

Parcheggio:
Parcheggio auto gratuito in loco.
I pullman devono parcheggiare nella piazza di Segonzone.