Daratt

Cinema

Effetto Notte. Cineforum 2007/2008

Ciad/Francia/Belgio/Austria, 2006
Titolo originale: Daratt
Genere: Drammatico
Durata: 96'
Regia: Mahamat-Saleh Haroun
Cast: Ali Bacha Barkaï, Youssouf Djaoro, Hisseine Aziza, Djibril Ibrahim, Fatimé Hadje, Khayar Oumar Defallah
Sito italiano: www.luckyred.it

Ciad, 2006. Il governo ha amnistiato i criminali di guerra. Atim, un ragazzo di sedici anni, riceve dalla mani del nonno una pistola, per andare ad uccidere l’uomo che ha ucciso suo padre... Atim lascia il villaggio in cui vive per recarsi a N’djamena, alla ricerca di un uomo che non conosce. Lo trova subito: ex-criminale di guerra, Nassara è oggi un uomo per bene, sposato, e proprietario di un panificio... Atim accosta Nassara, gli fa credere di cercare lavoro e si fa assumere da lui come apprendista, con la ferma intenzione di ucciderlo… Incuriosito dall’atteggiamento di Atim nei suoi confronti, Nassara lo prende sotto la sua protezione, e gli insegna l’arte e il modo di fare il pane... Con il trascorrere del tempo, tra i due si intreccia uno strano rapporto. Nonostante la ripugnanza che prova, Atim sembra trovare in Nassara la figura paterna che gli è sempre mancata; dal canto suo, Nassara intravede nell’adoloscente un possibile figlio. Un giorno, gli propone di adottarlo...
Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia 2006

Daratt (il titolo significa “stagione secca”) è un’immersione in un cinema-mondo che sbriciola, rendendola letteralmente insensata, la narrazione del reale, la sua riduzione a discorso finzionale, a parabola. Poiché di fatto è la vendetta stessa a risultare un’irricevibile costruzione narrativa: il solo pensiero che un gesto sia in grado di saturarne un altro (la riparazione del torto subito) chiudendone il senso e facendo giustizia rappresenta il trionfo ipocrita della finzione. Una costruzione consolatoria che appartiene più all’ordine della fantasia che a quello del reale. «La realtà è irriducibilmente complessa», ci dice lo splendido film di Mahamat-Saleh Haroun: si può partire con un’idea in mente e vedersela sgretolare davanti sotto i colpi inesorabili dell’esperienza, essere armati da un accecante desiderio di vendetta e trovarsi disarmati di fronte all’inerme fragilità della colpa. Atim, il giovane orfanello inviato in spedizione punitiva dal nonno cieco, vive sulla propria pelle la destabilizzante discrepanza tra la semplificazione morale e la problematicità dell’esperienza. E noi con lui viviamo un’esperienza cinematografica analoga: vediamo sbriciolarsi sotto i nostri occhi la fallacia di un programma narrativo elementare ed emergere progressivamente, ineluttabilmente, la scontrosa contraddittorietà di un cinema che alle scorciatoie del raccontino consolatorio preferisce la sabbiosa incoerenza della realtà. Scelta quanto mai sovversiva, dal momento che la realtà del Ciad (e non solo) predilige di gran lunga la soluzione conciliante dell’amnistia indifferenziata al confronto gravoso e doloroso con la singola attribuzione di responsabilità.


organizzazione: Circolo del cinema "Effetto notte" - in collab. con Unione Italiana Circoli del Cinema, Comune di Pergine Valsugana