Donne nelle guerre

Mostra

Donne nelle Guerre

Mostra a cura dell’UCAI Unione Cattolica Artisti Italiani sezione di Trento

«Che cosa rimane di noi, della nostra vita?… Tu rimani se hai saputo fermarti nello sguardo degli altri».
Le donne che vogliamo ricordare hanno davvero saputo fermarsi nello sguardo degli “altri”, sguardi di vittime, spesso innocenti, sguardi di feriti nel corpo e nell’animo, sguardi ormai spenti dal freddo della morte, sguardi imploranti aiuto, accoglienza, tenerezza…
Sguardi di donne, quelle della prima guerra mondiale, aperti su un’umanità, compresa la propria, “sospesa”, implorante, rassegnata, rabbiosa, dilaniata, tra coraggio e tenacia e abbandono e disperazione, in un incrocio della storia unico, irripetibile, feroce per la sua impietosa verità.
La guerra, come si sa, non fa sconti; ma nessuna guerra, come la “grande guerra”, ha coinvolto anche le donne nel suo drammatico “farsi quotidiano”. Non solo per il lutto, per la sofferenza, l’ansia, ma per la difesa della loro dignità, per l’indispensabile ruolo di guide e testimoni in un mondo di relazioni sconvolte, frantumate, per l’assunzione di responsabilità sociali, pubbliche, inedite, urgenti. Il loro sguardo si è allungato oltre: il suo confine è diventato il fronte, le retrovie, le città distrutte, i paesi abbandonati, l’esilio in terra straniera… Il loro sguardo ha visto la fame, la sete, la miseria, la violenza, la povertà estrema! Quanta voglia di distogliere lo sguardo? O quanta forza nel tenerlo fermo, per una piccola luce, percettibile appena ai confini dell’occhio? Tra coloro che scrivono sulle “donne nella prima guerra mondiale”, c’è chi afferma che quell’evento ha costituito come una specie di spartiacque tra la figura della donna “angelo del focolare”, tutta rivolta al piccolo mondo della casa, della famiglia, e la figura della donna paterfamilias, proiettata all’esterno, nella società, disponibile ad assumersi tutta la responsabilità di una sopravvivenza collettiva, con un peso esistenziale, a parte il rischio imminente della vita, almeno pari a quello degli uomini al fronte.
Anche qui è questione di sguardi: quello ristretto al perimetro degli affetti, della generazione, e quello ampio, più subìto che voluto, soprattutto all’inizio, teso a rendere vicino un mondo estraneo, lontano, sconosciuto, che fa crescere nelle donne una coscienza civile tale da poter essere definita “eroica” senza timore di fare dell’enfasi. Non per tutte, ma per molte donne è il mondo dei campi, delle fabbriche, dei servizi, che chiede forza-lavoro; è il mondo della ristrettezza, della miseria, delle razioni di cibo che chiede loro un esercizio diuturno della parsimonia; è il mondo della comunicazione di guerra, dal fronte, che le fa sobbalzare e trattenere il fiato, alla scansione dei nomi dei feriti e dei morti.
Di questo eroismo, quasi sempre silenzioso, privo di spettacolarità, ma che ha contribuito alla maturazione del Paese (Italia), la letteratura postbellica (che ha prodotto fiumi di retorica, creato eroi dal nulla, glorificato, giustamente, senza dubbio le crocerossine di guerra), ha raccontato molto poco e ha lasciato nella storia un “buco nero”, che chiede a tutt’oggi di venire cancellato.

Anche nella nostra terra, anche in Val Giudicarie: donne “in prima linea”, non sull’Adamello e sul Carè Alto, ma in valle, o esiliate con le loro famiglie in zone attigue meno esposte alle azioni di guerra, a produrre resistenza, trasmettendo vita, coraggio, forza d’animo, lavoro e fatica… su un fronte diverso, ma egualmente carico di imprevisti, di insicurezza, di privazioni (anche per le donne), sempre in bilico tra la vita e la morte, tra la vittoria e la sconfitta, infido, mutevole, pericoloso. Ma soprattutto, le donne della prima guerra mondiale (le “nostre” donne…) hanno saputo tenere alto lo sguardo, per incontrare i tanti volti dell’altro, in alto e in basso, in verticale e in orizzontale, così come la guerra li forgia e li distrugge ad un tempo: teneri, impauriti, emaciati, tormentati, allucinati, increspati dalla fatica e dalla paura; volti di figli, di mariti, di amanti, di nemici, di sconosciuti, per giorni “eterni” di terrore, di stenti, di grida e di lamenti o di silenzio mortale.
Le donne della prima guerra mondiale (le “nostre” donne…) hanno saputo alzare il loro sguardo a quei volti, che avevano il potere di chiamare, di convocare, di mettere in cammino e hanno accettato la sfida dell’etica, che affida le vittime a chi sa custodirne e difenderne prima l’esistenza e poi la memoria.
È quello sguardo che è giunto fino a noi!
Marcello Farina

GLI ARTISTI
Marco Arman
Luigi Bevilacqua
Laura Bonfanti
M.A. Marisa Brun
Graziano Damerini
Romolo Fedon
Tullia Fontana (Lula)
Maurizio Frisinghelli
Luigi Gentilini
Sylvia Lippitz
Marco Morelli
Paul dë Doss Moroder
Roberto Musetti
Giuseppe Nicolini
Romano Perusini
Roberto Piazza
Gino Prandina
Altober Siobadie Sirotich
Serena Valenti

LA DONNA E' FORTE
Per rendere in sintesi la guerra, e in particolare la Grande Guerra ci si può avvalere di sette parole espresse nei pensieri di una espositrice: “la morte si mosse verso la morte”, e nell’affermazione che “la donna è il FORTE” immaginare che “questo forte è il mondo e sta a me sentirlo come un grande favore della vita e renderlo pieno di difese”.
Le guerre della donna sono per la vita, e anche quelle degli uomini, quando lo sguardo va oltre l’immediato. Quando recupera il valore a scapito del prezzo e agisce come fa la speranza. Portare arte, riflessione, emozione nel luogo preposto all’annullamento di sé in funzione della distruzione dell’altro vuole essere un esercizio e se possibile un antidoto al sistema del pensiero di potenza e prevaricazione, che tante sofferenze produce all’umanità.
La Sezione UCAI di Trento ringrazia per l’ospitalità e ringrazia gli artisti per la partecipazione.


organizzazione: UCAI Trento Unione Cattolica Artisti Italiani