Duello a Berlino

Cinema

Effetto Notte. Cineforum 2005/2006

Gran Bretagna, 1943
Titolo originale: The Life and Death of Colonel Blimp
Genere: Guerra
Durata: 163'
Regia: Michael Powell e Emeric Pressburger
Cast: Roger Livesey, Anton Walbrook, Deborah Kerr, John Laurie, James McKechnie, Roland Culver, Neville Mapp, Vincent Holman, David Hutcheson, Spencer Trevor, James Knight, Dennis Arundell, David Ward, Jan Van Loewen, Valentine Dyall
sceneggiatura: Michael Powell, Emeric Pressburger fotografia: Georges Périnal
montaggio: John Seabourne sr.
musica: Allan Gray
scenografia: Alfred Junge
produzione: Michael Powell, Emeric Pressburger, Richard Vernon, per The Archers/Independent Producers

Clive Candy, un ufficiale inglese, ha combattuto la guerra anglo-boera e durante la prima guerra mondiale si è distinto per il suo coraggio e per la sua condotta. È convinto che l’esercito inglese sia imbattibile e che basti seguire il codice d’onore per essere un degno combattente. È un uomo diverso dagli altri. Dopo un duello per difendere l’onore dei rispettivi paesi nella Berlino di inizio secolo, con il prussiano Theo Kretschmar-Schuldorff, egli stringe una salda amicizia con l’ufficiale tedesco. Sapranno conservare il rispetto reciproco e l’amicizia anche dopo due conflitti mondiali, l’avvento del nazismo e la condivisione dell’amore nei confronti della stessa donna. Primo dei dodici film presentati con la celebre dicitura “scritto, prodotto e diretto” dai due registi con la propria casa di produzione.

Il senso della pellicola è condensato dalla frase «The War will start at Midnight!» pronunciata dal generale Candy durante la sequenza di un attacco simulato, rifiutandosi di accettare la decadenza di un universo fondato sulla ferrea e allo stesso tempo cristallina marzialità klausevitziana, un mondo di pura idealità militare, di lealtà fiera e imperturbabile, di ordine, disciplina, di formalismi, di cerimoniali (come quello del duello in cui il rito preparatorio conta più dello scontro vero e proprio), di sodalizi sovrastorici (vedi “La grande illusione”). Splendida la sequenza senza stacchi in cui l’attempato ufficiale ingaggia una colluttazione con il giovane soldato secondo il quale la guerra è un assurdo gioco di vile astuzia che non possiede più regole, dove l’immersione nel bagno turco corrisponde allo sprofondamento nel ricordo di una vita. Le grandi soluzioni stilistiche powelliane si raffinano soprattutto nel passaggio dal tempo dell’“innocenza” (denotato da vivacissimi movimenti di macchina) a quello dell’“esperienza” in cui gli anni piano piano trascolorano nei toni cromatici più lividi e cupi della disillusione, mediato dai blu e dai marroni pastellati nella drammaticità sospesa dei quadri di battaglia. E in tutto questo, l’algido nitore vittoriano della bellezza keatsianamente “senza tempo” di Deborah Kerr, simbolo eminente del desiderio di eterna immobilità delle cose: sempre la stessa donna da amare, sempre la stessa guerra da onorare. «Il maggior affresco romantico mai realizzato nel contesto del cinema britannico».


organizzazione: Circolo del cinema "Effetto notte"