Figure

Personale di Valter Filippini a cura di Giacomo Bonazza

Mostra

“C'è gente per cui la pittura costituisce una passione, gente che farebbe cento chilometri a piedi per andare a vedere un quadro. Io che vi parlo, sono uno di quelli. Faccio anche per mio conto della pittura, a volte con colori a olio, a volte con scatoline di acquarelli, o anche soltanto dei disegni, con una matita purchessia, o a inchiostro, non importa con cosa - su un pezzo di cartone, un pezzo di carta, persino cartaccia da giornale quando capita - e in quei momenti provo un grande piacere, dimentico tutto il resto, più nulla conta per me all'infuori del mio lavoretto. Questa settimana per esempio, m'è venuta l'idea di dipingere una donna intenta a macinare il caffè... alla maniera mia, naturalmente, e con una certa voglia di mettere in rilievo il lato insolito, di questa occupazione e anche il suo lato commovente...”.
Jean Dubuffet, Progetto preliminare di una conferenza popolare sulla pittura

L’intento è dichiarato: produrre poesia e stupore nel segno di una semplicità figurativa che da sempre affascina e commuove. Bambini, artisti e folli: un misterioso convergere su forme primitive, stilizzate, dalla innata eleganza ed altrettanto irresistibilmente ironiche. Nel gran circo di omuncoli, umanoidi, omini di Klee, Dubuffet, Mirò, Appel e del primo Manzoni, per non dire delle testine coloratissime dell'indimenticato maestro roveretano Marco Klaus, recentemente scomparso, ci stanno pure le figure di Valter Filippini, altro lagarino, con le sue felici “distorsioni”, dentro cromie ben distribuite seppur selvagge. Ogni quadro una microstoria, di uomini, animali, fiori: eterni archetipi ispiratori delle più umili epifanie. Non ha bisogno la pittura di Filippini di racconti altisonanti, di grafie complesse, di profondità prospettiche: è tutto lì in superficie, bidimensionale, tribale, sincero, un po' magico. E neanche turbi più di tanto il sorriso lievemente ambiguo dei suoi protagonisti, mai crudele come in certi disegni infantili, solo innocente sberleffo alle brutture di un mondo senza poesia. Scrivevano lo stesso Piero Manzoni ed i suoi amici nel Manifesto “Per la scoperta di una zona di immagini” del 1956: «Il nostro modo è un alfabeto di immagini prime. Il quadro è la nostra area di libertà; è in questo spazio che noi andiamo alla scoperta, all'invenzione delle immagini; immagini vergini e giustificate solo da sé stesse, la cui validità è determinata solo dalla quantità di gioia di vita che contengono». Mai poetica fu più vicina all'arte di Valter Filippini ed alla “validità” delle sue opere.
Giacomo Bonazza


organizzazione: Comune di Villa Lagarina