Fossili Urbani Paleontologia dell’attuale, tra passato e futuro
Inaugura sabato 19 dicembre in anteprima nazionale al MUSE la mostra Fossili Urbani, nata da un’idea della fotografa torinese Francesca Cirilli e dei paleontologi Massimo Delfino, Francesca Lozar, a cura di Massimo Bernardi. Un’esplorazione paleontologica negli ambienti urbani contemporanei per stimolare la riflessione sull’impatto delle azioni dell’uomo sul pianeta e mettere a fuoco il concetto di antropocene.
La mostra raccoglie trentuno fotografie che ritraggono semplici detriti e piccoli oggetti incastonati nel cemento: sono vecchi cellulari, monete scivolate da tasche distratte, oggetti che hanno perso la loro forma e funzione originaria che ogni giorno incontriamo (e lasciamo) nelle nostre strade e che la sensibilità dell’artista rende molto simili a sognanti paesaggi lunari.
Soffermarsi su questi “reperti” diventa un’occasione per aprire una riflessione semi-seria sui processi di fossilizzazione e per provare a rispondere ad una domanda cruciale e complessa: che cosa rimarrà di noi tra un milione o cento milioni di anni? “La fossilizzazione è un processo articolato e in buona sostanza improbabile: la maggior parte degli elementi di cui sono fatti gli organismi rientra in ciclo andando a costituire la materia prima per l’organizzazione di nuovi composti - sottolinea Massimo Bernardi, curatore della mostra al MUSE - solo ad alcuni frammenti degli organismi che oggi popolano i continenti e gli oceani toccherà in sorte di essere fossilizzato, e quindi “eternato”, nel registro stratigrafico, diventando oggetto di studio dei paleontologi del futuro. Tuttavia, secondo un numero sempre maggiore di studiosi, l’impatto delle attività umane è destinato a rimanere per sempre impresso nella “memoria” del nostro pianeta sotto forma di rocce e fossili prodotti dall’uomo”.
Ogni anno vengono prodotte 1.600 milioni di tonnellate di asfalto, 3.400 miliardi di tonnellate di cemento e vengono movimentati sedimenti pari a 3 volte quelli trasportati naturalmente da fiumi e torrenti. Strade e palazzi, integri o ridotti a macerie, costituiranno quindi con tutta probabilità una delle più durevoli evidenze geologiche dell’antropocene, l’epoca che ora stiamo vivendo. “L’importanza di questo concetto – aggiunge Massimo Bernardi - è legata a doppio filo alla recente consapevolezza dell’impatto che Homo sapiens ha su processi di magnitudine infinitamente maggiore rispetto a quelli in cui interviene ogni altra specie”.
La mostra è un semplice invito a considerare i fossili come dati, archivi di informazioni, indipendentemente dalla loro bellezza. Per questo, nel gioco di Fossili Urbani, un tappo incastrato nell’asfalto è prezioso quanto un dinosauro. Per un paleontologo del futuro, a qualsiasi specie appartenga e da qualsiasi pianeta provenga, quel tappo permetterà di raccontare la storia di chi lo ha prodotto: l’uomo. Sta a noi decidere quali resti siano i migliori testimoni della nostra epoca, l’antropocene.
organizzazione: Muse