Italianesi

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2012/2013
Altri Percorsi / Arte della Diversità

Scena Verticale
Italianesi
di e con Saverio La Ruina
musiche originali eseguite dal vivo da Roberto Cherillo
disegno luci Dario De Luca

"Italianese", ovvero "italiano" in Albania, "albanese" in Italia. E' uno dei monologhi di maggior successo della passata stagione ad aprire la rassegna "Altri Percorsi / Arte della Diversità". Esiste una tragedia inaudita, rimossa dai libri di storia, consumata fino a qualche giorno fa a pochi chilometri dalle nostre case. Alla fine della seconda guerra mondiale migliaia di soldati e civili italiani rimangono intrappolati in Albania con l'avvento del regime dittatoriale, costretti a vivere in un clima di terrore e oggetto di periodiche e violente persecuzioni. Con l'accusa di attività sovversiva ai danni del regime, la maggior parte viene condannata e poi rimpatriata in Italia. Donne e bambini però, sono trattenuti e internati in campi di prigionia per la sola colpa di essere mogli e figli di italiani. Vivono in alloggi circondati da filo spinato, controllati dalla polizia segreta del regime, Sottoposti a interrogatori, appelli quotidiani, lavori forzati e torture. In quei campi di prigionia rimangono quarant'anni, dimenticati. Riconosciuti come profughi dallo Stato italiano, i prigionieri arrivano nel Belpaese in 365 nel 1991, dopo la caduta del regime. Convinti di essere accolti come eroi, sono paradossalmente condannati a essere italiani in Albania e albanesi in Italia. Saverio La Ruina, profondo e raffinato autore oltre che attore calabrese, veste i panni di Tonino, un sarto di famiglia italiana nato nel 1951 in Albania e per questo cresciuto in prigionia: i suoi sono quarant'anni vissuti nel mito del padre e dell'Italia. Con la compagnia Scena Verticale da lui fondata nel 1992 assieme a Dario De Luca, che negli anni si è rivelata una delle più interessanti realtà teatrali nazionali, La Ruina affronta il suo terzo monologo rivelandosi ancora una volta un narratore eccellente, discreto ma efficacissimo nel porgere le parole al suo pubblico in un tono sommesso, dosando sapientemente silenzi e gesti. Maglioncino dimesso, pantaloni demodé, una sedia in uno spazio per il resto immensamente vuoto: non gli serve altro per far agire l'urgenza del racconto, la potenza della lingua che riverbera un calabrese aspro e dolcissimo. Il suo Tonino, come già le due straordinarie figure femminili dei precedenti spettacoli Disonorata e La Borto, è la voce di un sorprendente atlante degli umiliati e offesi: non un personaggio, ma un'esperienza. Quello di La Ruina, che la critica ha paragonato ad Eduardo De Filippo per la capacità di condurre passo passo lo spettatore dentro l'anima di un personaggio, è un racconto di dislocazione, di sradicamento continuo e impenitente in cui il protagonista è straniero ovunque, vittima di un eterno ritorno a un'origine che non lo riconosce.