L'avaro
Bon Voyage Produzioni e con Civit’arte 2013 Festival di Bagnoregio
L'avaro
di Molière
con Lello Arena, Fabrizio Vona, Francesco Di Trio,
Adriana Follieri, Eleonora Tiberia, Chiara Degani,
Enzo Mirone e Fabrizio Bordignon
regia di Claudio Di Palma
Quando ci si appresta a preparare l’ennesimo allestimento di una commedia classica è sempre lecito porsi una domanda: quale perdurante valore consente ad alcune scritture teatrali di attraversare i tempi incontrando e provocando in modo continuo e sempre nuovo l’interesse di pubblico e artisti? Nel caso specifico de L’avaro di Molière ci si chiede anche cosa permetta all’aridità spirituale e materiale di Arpagone di essere ancora oggi tanto leggibile e fruibile; cosa le abbia consentito di attraversare tre secoli, ed essere ancora attuale.
È certo che l’artificio drammaturgico molieriano ha un’efficacia oggettiva. Esiste, però, un altro valore altrettanto incontrovertibile che fa da contrappunto alla meticolosa tecnica di punteggiatura teatrale di Molière. È quello evidenziato e rappresentato da un mondo intimamente corrotto di straordinaria e persistente contemporaneità. Un mondo che Molière anima di complottismi, di ipocrisie, di arrivismi, e che abita di fingitori, spreconi, faccendieri, di fronte ai quali l’avaro Arpagone si erge quasi come figura sinceramente reo-confessa, pervasa, in fondo, da una profonda onestà intellettuale. Lui è naturalmente complementare a tutti gli altri, il suo vizio lo conduce a una solitudine apparentemente compiaciuta e strafottente, ma che lo costringe a perdere poi quasi più di quanto abbia cercato di trattenere. È incapace di donare il suo tempo e se stesso, valuterebbe il dono come una perdita e la perdita è spreco e lui è un economo conservatore, non può sprecare. È un posseduto dal denaro, accumula ma non usa, diffida, sospetta, accusa, impone, la sua insana fragilità lo destina al drammatico succedersi di buffo e tragico.
Una ritmica recitativa incalzante mira all’esasperazione del vertiginoso virtuosismo teatrale del testo. I personaggi sembrano addirittura attraversare le epoche (come se la tela si aprisse nel ’600 e calasse sul 2000) in una successione di stili che si snoda nell’immutabilità della trama originaria. Intorno un perimetro, quasi museale, di teche che custodiscono una nutrita e cangiante collezione di sedie (il collezionismo come altra declinazione dell’avarizia: ossessione del possedere?). Sedie di epoche diverse in cui è possibile leggere il segno del potere, ma anche quello dell’assestamento e, conseguentemente, dell’impigrimento e della devitalizzazione. Simbolo e segno, insomma, di quella depressione dissimulata di Arpagone che gioca, combatte e si dimena con indomito furore e spaesata dabbenaggine contro le maschere della borghesia e contro i fantasmi della propria psiche.
Intero € 13,00 - Ridotto per soci Associazioni comunali € 11,00 - Ridotto per studenti (fino a 25 anni) e per anziani (oltre i 65 anni) € 9,00
organizzazione: Coordinamento Teatrale Trentino - Comune di Mezzolombardo - Circolo Culturale '78