L'uomo che correva tra le nuvole

Teatro

Masi In Visibili

Piccolo Parallelo/Sorgente '90
L'uomo che correva tra le nuvole
testo: Enzo G. Cecchi, Sergio Paolazzi
Drammaturgia e regia: Enzo G. Cecchi
produzione: Sorgente '90
suoni e musiche : Stefano Nardon Babol
costumi e scenografia: Enzo G. Cecchi – Sergio Paolazzi
con: Sergio Paolazzi, Marco Zappalaglio, Stefano Nardon Babol e con Enzo G. Cecchi

All'inizio doveva chiamarsi “il padrone della valle” e doveva essere un racconto, poi è nata l'idea di uno spettacolo a tutto tondo che voleva raccontare in maniera inusuale la valle di Cembra e l'anima di un popolo, ma anche andare oltre. E lo abbiamo chiamato “l'uomo che correva tra le nuvole”. L'uomo della valle che ha bisogno di andare in cima alle proprie montagne per vedere cosa ci può essere oltre. L'uomo che corre, non per fuga, ma immaginando il proprio presente alla ricerca di un passato sedimentato nel cuore e nella memoria. Un uomo con la fatica nelle gambe ma attorniato dalla leggerezza e dalla poesia delle nuvole. Un uomo che vorrebbe salire sempre più in alto consapevole che oltre le montagne e le nuvole, non può arrivare. Il tutto con leggerezza, con ironia a volte, con commozione a volte. Nessuna facciata da cartolina, abbiamo scavato per quel che si poteva , si parla di montagne, di valle, perchè vogliamo parlare di anima. In scena , una scena circolare quasi un luogo sacro , tre personaggi. Un attore, Marco Zappalaglio, il rito. Le sue letture partono da descrizioni di ambienti della valle per finire a pagine di letteratura e poesia alta. Un musicista, Stefano Nardon Babol, il mistero e la voglia di volare. Tutti e due figure officianti che alla fine si scoprirà essere angeli.
Un attore/non attore, Sergio Paolazzi, che inizierà il racconto proprio come Sergio Paolazzi per diventare poi nel corso della serata un personaggio altro, una sorta di om selvadech che sprofonderà nel buio della notte. La scena tanti fuochi continuamente alimentati e un cerchio che prenderà fuoco pure lui per lasciarci il ricordo, non del rimpianto, ma della poesia