L.I. Lingua Imperii - violenta la forza del morso che la ammutoliva

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2013/2014
Altri Percorsi

Anagoor / Fies Factory
L.I. Lingua imperii
di Simone Derai, Patrizia Vercesi
drammaturgia Simone Derai, Patrizia Vercesi
regia Simone Derai
costumi Serena Bussolaro, Silvia Bragagnolo,
Simone Derai
musiche originali Mauro Martinuz, Paola Dallan,
Marco Menegoni, Simone Derai, Gayanée Movsisyan,
Monica Tonietto
video Moreno Callegari, Simone Derai, Marco Menegoni
con Anna Bragagnolo, Mattia Beraldo, Moreno Callegari,
Marco Crosato, Paola Dallan, Marco Menegoni, Gayanée
Movsisyan, Eliza Oanca, Monica Tonietto

Il filo diretto con la classicità, la rielaborazione di archetipi, dei miti e della letteratura attraverso l'intenso dialogo tra recitazione e nuovi mezzi espressivi sono gli strumenti che conducono gli Anagoor, giovane gruppo teatrale nato a Castelfranco Veneto, a percorrere lungo i meandri della storia la tragedia e il lamento cantato della caccia. «Ciò che ci sta a cuore è di operare l'attivazione dei processi del ricordo attorno ad antiche odiose abitudini secondo le quali, nelle forme della caccia, alcuni uomini si sono fatti predatori di altri uomini e, ancora nel XX secolo, hanno intriso il suolo d'Europa del sangue di milioni di persone» afferma la compagnia capitanata da Simone Derai.
In questo senso L.I. Lingua imperii, è la lingua dell'impero inteso come dominio coercitivo. È la lingua povera, bruta e ingannevole delle propagande fasciste e naziste. Sono gli alfabeti e le lingue insegnate a forza. Ma è anche il bavaglio o l'assenza di voce imposti come un dono violento dai dominatori. Il linguaggio stesso della violenza. La forma scelta da Anagoor per portare in scena la "caccia" dell'uomo nei confronti dei suoi simili, in questo lavoro che ha debuttato l'anno passato al festival Drodesera, è quella del coro della tragedia greca dove il canto e la musica, il gesto e la visione profetica si intrecciano in continuazione. Sul palco la compagnia sguinzaglia un coro di Erinni che, di fronte al ricordo delle vittime, lamentano il peso della colpa della caccia cruenta. Il Caucaso, limite estremo dell'Europa, montagna delle lingue e intreccio fittissimo di popoli, è stato scelto come epicentro della memoria e luogo mitico di questo giudizio, proprio come nella poesia di Eschilo. Con grande rigore gli Anagoor - già presenti nella rassegna "Altri Percorsi" due stagioni fa con Tempesta, suggestiva "rievocazione" dell'enigmatico quadro di Giorgione - lasciano interagire molteplici livelli espressivi: voci, movimenti, filmati e parole scorrono su pannelli luminosi a connotare ogni frammento di memoria lungo i millenni. Dall'urlo strozzato di Ifigenia, sacrificata dal padre Agamennone, alla disquisizione fra un gerarca nazista e un linguista su lingue e razze in area caucasica, passando dalla furia venatoria di San Giuliano, patrono dei cacciatori.