La bottega del caffè

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2010/2011
La Grande Prosa

Compagnia del Teatro Carcano fondata da Giulio Bosetti
La bottega del caffè
di Carlo Goldoni
regia Giuseppe Emiliani
scene Guido Fiorato
costumi Guido Fiorato dai bozzetti di Emanuele Luzzati
musiche Giancarlo Chiaramello
con Marina Bonfigli, Antonio Salines, Virgilio Zernitz, Massimo Loreto

Geniale commedia del massimo drammaturgo italiano

La bottega del caffè è una delle più importanti e fortunate commedie di Carlo Goldoni. Composta nel 1750 ha come scena fissa una piazzetta veneziana durante il Carnevale. Si avvia alle prime luci dell’alba e si conclude quando scende la notte.
Il caffettiere Ridolfo si sta prendendo a cuore la sorte del giovane mercante di stoffe Eugenio, che da qualche tempo frequenta assiduamente la casa da gioco di Pandolfo. Lì Eugenio ha subìto molte perdite ingenti giocando a carte con Flaminio, un giovane torinese che si spaccia per nobile.
La moglie di Eugenio, Vittoria, cerca invano di far ravvedere il marito. Allo stesso scopo è giunta a Venezia da Torino la moglie di Flaminio, Placida, che, travestita da pellegrina, ignora la nuova identità assunta dal marito, ed è esposta alle insidie tessute da don Marzio. Quest'ultimo è un nobile napoletano prepotente, ambiguo e chiacchierone, che prova piacere nel frapporre ostacoli al desiderio delle due mogli di ricondurre sulla retta via Eugenio e Flaminio.
I tranelli di don Marzio trovano un fiero oppositore nel caffettiere Ridolfo e nel suo garzone Trappola, che aprono gli occhi a Eugenio e a Flaminio: pentiti, i due si ricongiungono alle mogli, mentre don Marzio lascia la città.
Protagonista della commedia è l’occhialetto, diabolico strumento, col quale don Marzio, seduto al caffè, spia indiscretamente tutto e tutti, sforzandosi di vedere anche quello che effettivamente non c’è: “il mio occhialetto non isbaglia …"
Ciò che caratterizza questo capolavoro goldoniano è l’estrema concretezza con cui sono fuse l’evocazione dello sfondo ambientale, il dipanarsi dell’intreccio imperniato su pettegolezzi, manie, stravaganze, imbrogli e finzioni, e il disegno geniale d’un carattere, quello di don Marzio: “Eh! Io so tutto. Sono informato di tutto. So quando si va, quando esce. So quel che spende, quel che mangia, so tutto.” Don Marzio è il prototipo di quei frequentatori di caffè che sanno di questo e di quello, che raccolgono notizie dalla voce degli altri e dalle gazzette per farsene portavoce, senza la cura di controllarle e di verificarne la fondatezza, mescolando verità e invenzione.
La geniale costruzione drammaturgica della commedia lascia allo spettatore la sensazione di osservare i casi dell’esistenza attraverso l’occhialetto diabolico di un Maldicente che non tace mai e pretende sempre d’aver ragione. Regia di uno specialista di Goldoni come il veneziano Giuseppe Emiliani. Interpretazione di Marina Bonfigli, Antonio Salines, Virgilio Zernitz nel solco e nel ricordo di Giulio Bosetti che ha fondato ed a lungo diretto la Compagnia del Teatro Carcano.