La ferrovia della Valsugana. Interpretazioni fotografiche

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Foto di Roberto Calliari, Lucillo Carloni, Daniele Lira, Floriano Menapace, David Fontanari, Goffredo Pezzolla e Renato Zuani.

Salve, o Borgo! A quel fischio che al mondo
Nuovi secoli annunzia solenne,
Delle Dodici in tuono gioconda
L'ardua Cima risponde fedel:
E dall'alto con eco perenne
Il gran carro sonante saluta
Che a una terra nell'ombra perduta
Lieto apporta un futuro più bel
E di vera immortal libertà
Alza il grido, il fatidico urrà

Trionfante: si può definire così l'entrata nella stazione di Borgo del viaggio inaugurale della nuova ferrovia della Valsugana, accolto dalle speranze di riscatto di una intera vallata e dal canto degli scolari sulle parole scritte per l'occasione da don Giuseppe Maurina. Veniva così aperta ufficialmente la nuova linea ferroviaria, pensata e voluta da un impero che andava preparandosi al tragico epilogo della grande guerra, ma anche dalle genti e dai comuni della Valsugana che avevano sottoscritto le "azioni di fondazione" del Comitato promotore.
Da quel 26 aprile 1896 a oggi molte cose sono cambiate: noi, la nostra valle, il nostro modo di vivere, la nostra economia, il nostro "viaggiare". Se alla fine dell'Ottocento eravamo contadini e guardavamo al treno come uno strumento di ricchezza e progresso per il transito delle merci, l'insediamento in valle delle attività produttive, l'arrivo dei "villeggianti", in seguito su quel treno ci siamo saliti da soldati, profughi, emigranti, a nostra volta da turisti (magari per poveri viaggi di nozze di una giornata a Trento o a Venezia), infine da pendolari per lavoro o per studio.
Siamo cambiati noi, è cambiata la valle. L'unica cosa paradossalmente rimasta quasi immutata è proprio la ferrovia, che a distanza di più di un secolo dalla piovosa domenica del viaggio inaugurale mostra impietosa tutta la propria inadeguatezza nel rispondere alle nuove esigenze della mobilità.
Eppure il treno è da sempre un alleato per così dire "naturale" della montagna: permette la salvaguardia e lo sviluppo ordinato del poco territorio utile agli insediamenti e alle attività dell'uomo; limita il traffico su gomma, spesso solo di transito, e la conseguente necessità di nuove strade sempre più grandi, sempre più veloci, in un gioco al rialzo di cui si può vedere fin d'ora che a uscirne sconfitte saranno la montagna e la gente che la abita.
Un altro alleato della montagna, delle nostre montagne, è l'APT Lagorai, Valsugana orientale e Tesino, che nel tempo è riuscita a confezionare alla valle l'abito che più le si addice, fatto di valorizzazione delle risorse locali in un'ottica di sensibilità ambientale, cultura, arte, turismo consapevole e non invasivo. In questo contesto la fotografia ha giocato un ruolo importante, come scrive Giancarlo Torresani nella sua introduzione, e da questa esperienza nasce anche il lavoro che presentiamo in questo libro.

Sette fotografi trentini hanno deciso di documentare, attraverso gli occhi della loro sensibilità artistica, la vecchia strada ferrata che attraversa la Valsugana da Trento a Primolano. Questo incontro tra fotografia e treno intriga, al di là della indubbia bellezza degli scatti, per le connessioni, gli incroci, le contaminazioni che genera. La fotografia codifica lo spazio, ma conquista il tempo e l'illusione del movimento attraverso il cinema, la cui data di nascita si fa convenzionalmente risalire al 1895, ma è dell'anno successivo uno dei più celebri cortometraggi dei fratelli Lumière, L'arrivée d'un train en Gare de la Ciotat, dove spaventatissimi e ingenui spettatori di fine secolo potevano assistere all'arrivo di una sbuffante locomotiva che per una magistrale inquadratura dava l'illusione di poter bucare lo schermo e piombare in platea. La coincidenza, notata da Rodolfo Taiani nel suo saggio "Del vapore il convoglio trionfal" (in: Gian Piero Sciocchetti, La ferrovia della Valsugana, Edizioni Amici della Storia, Pergine 1998) sta nelle date: "L'arrivée" e la ferrovia della Valsugana sono coetanei. E se vogliamo riconoscere alla fotografia un ruolo chiave nella nascita del cinema, allora possiamo in un certo senso dire che essa ritorna, dopo tanti anni, sul "luogo del delitto". Nel nostro caso non è la Gare de la Ciotat, che speriamo abbia avuto migliori fortune, ma le stazioni, alcune rimesse a nuovo, altre ormai semiabbandonate, di una piccola ferrovia di montagna. La fotografia ritorna, dunque, a ritrarre un'altra icona della modernità. Lei porta benissimo la sua età, sperimenta, apre le porte alla rivoluzione digitale, incrocia Polaroid e pittura, è una primadonna della società dell'immagine. L'altra, la vecchia ferrovia, rischia di trasformarsi in un luogo della memoria, caro all'anima ma sacralizzato in una sorta di museo archeologico. Questo poteva essere il rischio nascosto dietro il progetto "La ferrovia della Valsugana. Interpretazioni fotografiche": quello cioè di "certificare" un cambio di funzione del grande manufatto: da efficiente, utile, contemporaneo mezzo di trasporto a testimonianza del tempo andato, buona, nella migliore delle ipotesi, per turisti alla ricerca del "pittoresco". Fortunatamente la sensibilità culturale e la passione civile di Roberto Calliari, Lucillo Carloni, Daniele Lira, Floriano Menapace, David Fontanari, Goffredo Pezzolla e Renato Zuani permettono di non cadere nell'equivoco. La ferrovia è sì una testimonianza storica e come tale va trattata con cura e rispetto, ma nello stesso tempo non è un soprammobile da spolverare di tanto in tanto, piuttosto una buona carta da giocare, anche e soprattutto in un contesto come quello della Valsugana, per non soffocare nel traffico e nelle strade.
Serve però che le comunità della valle sappiano riconoscere questo obiettivo come comune e siano disposte a crederci fino in fondo, perché non è vero che le tre B (binari, bulloni e ballast, la massicciata) bastano a fare (a mantenere, a rilanciare) una ferrovia, ci vuole anche convinzione e perseveranza: la stessa dimostrata dai vecchi capicomune più di 110 anni fa.
Tiziana Tomaselli Presidente del Circolo Croxarie


organizzazione: Circolo culturale Croxarie