Novecento

Teatro

Stagione Teatrale di Borgo Valsugana e Grigno 2009/2010

Compagnia Teatri Possibili
Novecento
di Alessandro Baricco
interpretazione e regia di Corrado d’Elia

«Non si è completamente fregati finché si ha una buona storia da raccontare...»
E “Novecento” è sicuramente una buona storia da condividere, forse una delle migliori.

La storia, incredibile, fantastica, quasi irreale di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, un pianista, anzi il più grande pianista del mondo, nato su una nave e lì vissuto per tutta la vita senza mai scendere. L’uomo che sapeva suonare una musica indefinibile, soprattutto quando suonava in terza classe, per chi non se la poteva permettere.

La dimensione è quella del ricordo, denso, intenso, come quello delle grandi storie che parlano di un tempo andato, quelle che riempiono le ore lunghe, magari ascoltate dalla rauca voce di un marinaio in una bettola
in un porto, tra incanto e incredulità, tra verità e allucinazione.

Il tempo della storia sono i meravigliosi anni Venti, a cavallo tra le due guerre, l’età del “jazz”, quando ogni cosa sembrava muoversi seguendo quel ritmo irresistibile.

Il ritmo è quello gradevolmente denso, di quando le parole e la musica si incontrano in accordo e si scambiano i ruoli, le parole diventano musica e le note racconto indispensabile, fino a comporre una partitura originale, unica.

Il luogo è una nave, il Virginian, dal nome che sa di lontano, che fa la spola dall’Europa alla sognata America e che racchiude in sé tutte le storie del mondo.

Per tutto questo “Novecento” non è un monologo, ma un incarnato di perfezione, una favola struggente e bellissima da raccontare con la stessa malinconica voluttà che lui usava quando accarezzava le curve di un ragtime. Con capacità da acrobata e intensità poetica Corrado d’Elia racconta “Novecento”, con la leggerezza di un sogno, suonando con magia una partitura di fini emozioni.
«Suonavamo perché l’Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio. E suonavamo il ragtime, perché è la musica su cui Dio balla quando nessuno lo vede».