Ottorino Stefani. L'oro delle vigne nell'onda delle colline

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Nell'occasione verrà presentato, in edizione d'arte, la raccolta di poesie di Ottorino Stefani "Terra Rossa".

Saranno inoltre esposte le opere grafiche che illustrano la raccolta stessa

Forse a Borgo Valsugana non tutti sanno chi sia veramente Ottorino Stefani, il “Maestro” trevigiano di Montebelluna, conosciuto nel mondo della cultura come un personaggio poliedrico, a tutto tondo, un genuino figlio della terra veneta, quella terra che ha dato i natali a Cima da Conegliano, a Giorgione, a Tiziano, ai Bassano, al Tiepolo e al Canova, solo per fare qualche nome e lungi da confronti fuori luogo, una terra benedetta da Dio, e che conserva ancora angoli incontaminati come le colline dell’Asolano o la zona del Montello, nonostante il degrado di un’industrializzazione selvaggia e di un’urbanizzazione a volte disordinata e caotica, attuata negli ultimi cinquant’anni. È appunto in quest’oasi di “tranquilla natura”, di “piccolo mondo antico” di profano “Hortus Conclusus” che vive e lavora, Ottorino Stefani, un signore di 78 anni, che ha l’energia, l’entusiasmo e lo stupore di un adolescente. Stefani non è solo un grande pittore, è un personaggio dai tratti più impensabili, uno che non si finisce mai di conoscere, di scoprire e di apprezzare. Poeta finissimo e genuino, pittore di rara sensibilità cromatica e di consolidato spessore professionale, è conosciuto nel mondo della critica d’arte per i suoi approfonditi studi sul Canova, tanto apprezzati da uno storico dell’arte come Giulio Carlo Argan, da definire il primo saggio di Stefani sul Canova, come “il miglior libro moderno sull’artista”. Ma il poeta dei paesaggi del Montello e delle colline asolane, contrappuntate di minuscoli paesini dai nomi fascinosi ed evocativi come Monfumo, è anche un mago della parola in versi, dove la poesia ha per il pittore un’importanza e una resa espressiva pari a quella della pittura. Con la poesia riprende e completa la creazione pittorica, “per consumare ciò che è rimasto potenzialmente irrisolto nella pittura, attraverso un riesame critico ed insieme appassionato dell’esperienza figurativa, compiuto con le parole della poesia” come ebbe a dire con insuperata competenza il poeta Andrea Zanzotto, amico fraterno di Ottorino Stefani e scopritore dello Stefani poeta nonché sincero estimatore di tutte le molteplici attività del Maestro di Montebelluna. Da più di mezzo secolo Ottorino Stefani dipinge ostinatamente lo stesso paesaggio, gli stessi spazi, gli stessi luoghi, gli stessi angoli che portano un unico nome: il Montello. È un quotidiano affacciarsi alla finestra e cogliere il passare del tempo nella lenta ma costante trasformazione della natura e delle persone. La finestra aperta sul Montello altro non è che lo specchio dell’anima dell’artista, la registrazione puntuale degli stati d’animo, dei sentimenti e degli affetti, delle gioie e dei dolori, dei pieni e dei vuoti, dell’assenza-presenza della madre, del ricordo dell’infanzia e della figura del padre, del suo amore per le cose i luoghi e le persone che da sempre alimentano e sostengono la sua produzione artistica. Si può capire tutto questo leggendo Viaggio al mio paese una delle sue liriche più pregnanti e note, scritta nel lontano1968:
Oggi non cerco che il tuo silenzio / e ti ritrovo come luce che illumina le mie mani. / Non hanno memoria le cose che durano / e il passare del tempo misura l’ombra delle colline.
Forse da sempre l’uomo cerca le proprie radici / per coronare sulla terra una durevole stagione: / un puro fuoco può aprire un varco azzurro ai tuoi occhi / tra le nubi e la polvere i confini con la terra.
Ora la terra mi fiorisce tra le mani / e mi consola il volto della mia gente / che inventa, ingenuo pittore, la morte: / nel vuoto silenzioso lo splendore degli ex voto.
Vittorio Fabris


organizzazione: Comune di Borgo Valsugana