Presentazione del libro Il nostro primo, solenne stranissimo Natale senza di lei
Franco Stelzer, Il nostro primo, solenne stranissimo Natale senza di lei, Einaudi, 2003
I racconti di questo libro inseguono un passato che sbuca da tutte le parti per animarsi ancora, ma a modo suo. Tanto che la sorte comica di un tacchino e quella tragica di una madre morente possono stare davvero accanto, e davvero parlarsi. "Il nostro primo, solenne, stranissimo Natale senza di lei" è un libro attraversato a ogni riga da immagini e similitudini che sembrano derive e portano lontano. I personaggi che lo abitano sono teneri e grotteschi: ragazzi che si preparano alla vita, adulti che si preparano alla morte. Tra gli uni e gli altri, l'infinito campionario di un'umanità stralunata e fragile - parenti disillusi o smargiassi, finti educatori, infermiere e maratonete i cui gesti paiono prodigi - e l'altrettanto infinita costellazione di creature e oggetti eccentrici che dappertutto s'infiltrano, punzecchiano, provocano e molestano, sollevando quesiti e reclamando risposte con la forza della loro stessa incongrua presenza: parrucche ottocentesche che volano nei lavandini, automobili che sembrano anime in cerca di corpi, impasti per polpette che rappresentano il centro oscuro di un intero mondo, sacche di plasma in concerto, tacchini che non ne vogliono sapere di cuocersi, ratti che hanno una storia tragica ed eroica da raccontare... Tutto contribuisce in queste pagine a illuminare, nello spazio rarefatto del ricordo di un uomo, l'universo delle ossessioni, degli entusiasmi irrefrenabili, delle miserie, delle brutture, degli slanci ideali e dell'ostinato attaccamento alla vita che appartiene a ognuno di noi.
Un singolare romanzo sull'infanzia e l'adolescenza. Nove storie legate da una memoria divertita, commossa e instancabilmente capace di prodigi.
"Lei si accese una sigaretta, una delle poche che, con nostra sorpresa, ancora si concedeva. L'accese, dunque, e si mise un po' in disparte, e gustava quelle lunghe tirate con le guance concave e tese. E lo faceva come non aveva mai fatto nient'altro. Era lei, fumante, il centro di ogni cosa. Anche se stava in disparte, anche se aveva scelto proprio la finestra più lontana. Era lei, quella brace viva nel buio, l'occhio intenso e tremolante d'ogni cosa".
" Stelzer possiede il talento di divagare restando sempre nel centro del proprio racconto. Le sue immagini scoppiano negli occhi e dentro la testa". (Domenico Scarpa)