.Ray Man and other works

Danza

Danzè: danza italiana da scoprire in tutta la Regione

Balletto di Torino
.Ray Man and other works
una creazione di Matteo Levaggi
Scene e costumi Roger Salas
Musica di Dj Spooky remixed by Paul Effe
Disegno luci Enzo Galia
Danzatori: Matteo Levaggi, Oxana Kichenko, Luca Martini, Vicente Palomo, Viola Scaglione, Elena Schneider, Takashi Setoguchi, Simona Tosco, Wladimir Treu

La prima versione di .Ray Man era pensata per dieci danzatori e suddivisa in dieci sezioni di danze, senza nessun collegamento drammaturgico tra loro.Il tentativo ora, grazie anche alla musica “ready-made” di Dj Spooky, è quello di creare una nuova situazione che, credo, si avvicinerà di più alla mia idea originale per questo balletto.Mantenendo uno spazio aperto, vorrei realizzare un ready-made della versione di .RayMan del 2003.Questo processo mi permette di trattare nuovamente i motivi coreografici, che vivranno come cellule “aperte”, rendendoli così più “leggeri”, liberandoli da ogni schema per andare incontro ad uno spirito rarefatto.Il taglio “noir”, il senso di confusione che in realtà vorrei fosse percepito come “tensione” interiore, i costumi, le suggestioni che creano i danzatori in scena e la musica, lavorando su ideali indipendenti, si incontrano sulla scena, non per raccontare una storia ma per dare, a chi guarda, il senso del “ritmo interiore” che muoveva anche, secondo la mia visione, la vita di Man Ray.Ecco allora come, in una successione rapida di “ensembles”, duetti, soli, per lo più di breve durata ( perché pensati come piccoli oggetti di danza ), il balletto si snoda sulla musica di Dj Spooky che “ruba” da autori come Luciano Berio, Giacinto Scelsi, Morton Feldman e li mixa con brani di musica elettronica di autori come Scanner, Yoshio Machida, David Toop e ancora, utilizzando testi di Tristan Tzara e Marcel Duchamp, realizzando un vero e proprio “ready-made” della musica, con un effetto a volte confuso, ma di grande tensione e corsa verso un nuovo tipo di valore musicale.Non c’è dubbio che questo modo di concepire appartiene al mio tempo e non mi appare superficiale o banale, ma ricco di creatività, di spinta verso qualcosa che sarà definito poi.Come un adolescente – con l’irrequietezza, la suggestionabilità, la distrazione, le sicurezze, il bisogno di una visibilità sociale, l’impeto e una carica emotiva incontrollabile – tento si esplorare ciò che Man Ray ha voluto fare con la macchina fotografica.Man Ray tendeva a guardare gli oggetti, più che all’esterno, all’interno, svelando più di sé stesso che non dell’oggetto fotografato. Come ne “Il mistero di Isidore Ducasse”: gli oggetti sono occultati, nascosti alla vista da una coperta, facendo scattare un meccanismo contrario, censurando l’oggetto, creando così una sorta di sadismo fotografico.Il tentativo ora è quello di far diventare tutto ciò danza e, come Man Ray ne “La Via Lattea”, esplorare una dimensione sfuggente, con un’insospettabile spiritualità.
Matteo Levaggi