Sarmiento, il Gigante di Ghiaccio 50 anni dopo

Mostra fotografica

a cura di Eva Lavinia Maffei.

La guida alpina Clemente Maffei Gueret e l’accademico Carlo Mauri, con una spedizione di Padre Alberto Maria De Agostini.

Premesse
Tra le conquiste alpinistiche più affascinanti degli anni ’50 vi è quella del Monte Sarmiento, in cordata Clemente Maffei Gueret e Carlo Mauri, con una spedizione organizzata da Padre Alberto Maria De Agostini.
Il Monte Sarmiento presenta due cime. Il 7 marzo 1956 arrivarono sulla vetta Est del Sarmiento, dopo molti mesi di preparazione.
Solo nel 1986 una spedizione dei “Ragni di Lecco” riesce, con l’appoggio strategico di Maffei Gueret, a conquistare la vetta Ovest.
Viaggiatori, esploratori e alpinisti d’altri tempi lasciavano i loro paesi e le loro famiglie per avventurarsi in terre e mari lontani e sconosciuti. Li contraddistingueva un puro amore per la montagna, che faceva accettare rischi e paure, come prezzi, in cambio di impagabili soddisfazioni.
È la storia di un monte tanto lontano, quanto famoso tra i viaggiatori, sin dai tempi delle navigazioni di Magellano.
Una mostra di fotografie, quasi tutte inedite, mostrerà, assieme alla proiezione del film “Extremo Sul”, la particolare natura della Terra del Fuoco e racconterà il sentimento dell’amore per l’esplorazione geografica e per l’alpinismo estremo.

Il mito
Gli antichi navigatori che passavano dalla Terra del Fuoco usavano il Monte Sarmiento come punto di riferimento per orientarsi. Sui loro scritti appariva come il “Gigante di ghiaccio”, che si vedeva dal mare. Da una coltre di nubi si ergeva il monte, con le sue due vette. A quel tempo nessuno immaginava di salire lassù.
Per qualche secolo la sua funzione fu quindi di “faro” per i viaggiatori, fino a quando l’appassionato esploratore Padre De Agostini ebbe il desiderio di scalarlo. Vi provò invano durante un lungo periodo della sua vita.
L’impresa non era così semplice; una volta arrivati ai piedi del monte, le sue pareti non si vedevano più. La continua fitta nebbia, movimentata da venti e tempeste, impediva la visione della possibile via d’ascensione.
Tuttavia il gigante di ghiaccio rimase per De Agostini una delle sue grandi passioni, tanto che, nel 1955, organizzò e finanziò una spedizione italiana, in cui la guida alpina Maffei Gueret e l’accademico Carlo Mauri arrivarono alla conquista della vetta Est, dopo mesi di preparativi e tentativi.
Dopo il successo italiano, altre numerose spedizioni tentarono invano l’impresa, dovendo rinunciare, proprio come nel film “Extremo Sul” di Monica Schmiedt e Sylvester Campe, vincitore del Trento Film Festival nel 2005.
Nel 1986, trenta anni dopo la prima ascensione, i Ragni di Lecco, accompagnati da Gueret fino al campobase, riuscirono a raggiungere l’altra vetta, la vetta Ovest, la più alta.
Il Monte Sarmiento, come altre cime della Terra del Fuoco e della Patagonia, presenta particolari difficoltà alpinistiche e atmosferiche. Sembra che la natura abbia in sé un sistema di protezione, che diventa per l’alpinista una forte volontà divina, a cui non può che sottomettersi, seguendo le leggi interiori di un timore di Dio, che solo raramente viene ripagato. Così, per una generazione di pionieri, l’alpinismo era anche richiesta spirituale ed umile supplica a Dio di preziosa concessione.

Cenni storici
È una storia d’amore tra uomo e montagna che viene da lontano, fatta di scoperte avventurose, come potevano esserlo solo quelle degli esploratori, intessuta di entusiasmi, di primi timidi tentativi da parte dei pionieri, di spedizioni che dalle loro sfide hanno distillato più delusioni che gioie.
Terra del Fuoco, estremo lembo dell’America del Sud, una regione carica di fascino che s’allunga tra Oceano Atlantico e Pacifico.
1881. È l’anno nel quale Domenico Lovisato, geologo della spedizione italo-argentina, diretta dal tenente di vascello Giacomo Bove, stupefatto scruta – da un contrafforte a sud – le balze sfolgorante del Monte Sarmiento, un gigante di ghiaccio che da sempre anima i racconti dei naviganti che fino in quelle acque hanno veleggiato. 2404 mt. Di pareti e picchi che si impennano innalzandosi direttamente dal mare: una maestosità offerta d’acchito, impressionante.
È la fine del diciannovesimo secolo, dunque, quando di quella montagna – subito battezzata il “Gigante della Terra del Fuoco – prende a parlare il mondo alpinistico. Un mito lontano, verso il quale fanno rotta i più coraggiosi. Sir Martin Conway, un inglese naturalmente, tenta nel 1898 la prima scalata di cui si abbia notizia certa: con lui c’è la guida alpina Maquignar, di Valrtonanche. Da nord ovest, cioè dall’attuale ghiacciaio Schiapparelli, la salita si sviluppa verso una delle cime lungo una cresta morenica sino a quota 1000. Qui la scoperta, e la delusione: quella attaccata è solo una propaggine del Sarmiento, divisa dalla montagna vera da un ampio vallone di ghiaccio. È la prima rinuncia, consigliata anche dal sopraggiungere di una tormenta che renderà problematico il rientro.
È il 1913 quando nella storia del Sarmiento si inserisce Padre Alberto De Agostini, un salesiano divorato – oltre che da quello della fede – dal fuoco dell’esplorazione e dall’alpinismo. Quindici giorni di spedizione, nell’imperversare del maltempo che rende possibile solo la perlustrazione dei contrafforti Ovest, Sud-Ovest a nord della montagna.
Con nuovi compagni, l’anno dopo, Padre De Agostini è di ritorno ai piedi di quella cime che l’ha stregato: esplorazioni quasi quotidiane, una conoscenza sempre più approfondita anche se limitata alle zone basse del Sarmiento.
Poi un vuoto di quarant’anni. È ancora il salesiano – ormai settantatreenne – a inseguire il suo sogno antico. Un’altra spedizione, storia del ’56: 7 marzo il trentino Clemente Maffei Gueret e il lecchese Carlo Mauri sbucano sulla cima Est del colosso di ghiaccio, per la cresta Sud. Un successo destinato a restare isolato, che non ha più avuto seguito nonostante, in tempi ben più recenti altre squadre di alpinisti si siano mosse, da diversi continenti, scegliendo il Sarmiento come obiettivo.
1969, 1971, 1972. Sono gli anni dei tentativi degli alpinisti di Bardonecchia, sempre respinti dalle proibitive condizioni meteorologiche.
Nel 1986 è la volta dei Ragni di Lecco, che con la spedizione nel quarantesimo di fondazione del gruppo, riallacciano il filo ideale del discorso aperto da uno di loro, quel Carlo Mauri, che andandosene troppo presto, ha lasciato dietro di sé tanti amici e rimpianti. Clemente Maffei Gueret li affianca anche in questa cordata vittoriosa. L’obiettivo, riuscito, è quello di raggiungere la cima Ovest del Sarmiento, quella che svetta a quota 2404, ancora inviolata fino ad allora.
Ad oggi solo una terza spedizione, di alpinisti australiani, ha avuto successo nel 1995. Nel frattempo la guida Gueret ci ha lasciato, nel 1991, finendo i suoi giorni durante una scalata sulle sue amate Alpi del gruppo della Presanella.
Quel ghiaccio dalla particolarissima conformazione, poroso, a tratti inconsistente, lavorato dai venti e dal gioco continuo dello scontro delle tempeste dei due oceani è ancora nei desideri dei nostri alpinisti. Altre generazioni, altri tempi, lo stesso amore.