Satin Rouge

Cinema

Francia/Tunisia, 2002
Titolo originale: Satin Rouge
Genere: Drammatico/Musicale
Durata: 100'
Regia: Raja Amari
Cast: Hiyam Abbas, Hend El Fahem, Maher Kamoun, Faouzia Badr

Lilia è una donna che vive sola a Tunisi con la figlia Salma, ormai adolescente; ha perso il marito molti anni prima ed è costretta a cavarsela senza l'aiuto di nessuno. Per una serie di coincidenze e per proteggere la figlia, che crede in pericolo, la donna si reca una sera in un locale notturno, che l'affascina e la spaventa al tempo stesso. Lilia scopre il mondo della danza, della musica e dei piaceri. Finisce così per diventare ballerina del locale e per conoscere un giovane suonatore molto affascinante.

di Massimo Galimberti
Vincitore dell'ultima edizione del Torino Film Festival, Satin Rouge è il primo lungometraggio della regista tunisina Raja Amari e descrive la strana sorte di una giovane vedova che, per seguire la figlia che crede in pericolo, si ritrova improvvisamente nel mondo allegro di un cabaret diventandone presto parte integrante e fondamentale.
Fin dal principio il film si presenta come una condanna decisa nei confronti di una società variamente oppressiva, che soffoca, nasconde, a volte uccide per conservare se stessa e la propria immagine, per recludere la propria fisicità in uno spazio segreto e furtivo. Il cabaret è il peccato da cui fuggire, il luogo di una perversione inconfessabile; chi danza è ai margini di una società ipocrita che non vuole crescere, in cui gli uomini vorrebbero mogli che non fossero donne e in cui le donne nascondono un corpo che sentono vivo.
Attraverso il tono della commedia il film di Raja Amari si muove in questo universo di assurda reclusione, mostra una Tunisia sviluppata e moderna ma incapace al tempo stesso, come ogni società in via di sviluppo, di accogliere al suo interno la fisicità e la sessualità che questo sviluppo dovrebbe presupporre.
E' questa la qualità maggiore di Satin Rouge, l'essere riuscito a trasformare la descrizione critica di una società specifica in una metafora più ampia attraverso una lievità imprevista condotta, fino alla fine, senza la pesantezza di un discorso che potrebbe essere verboso e pedante. Una commedia, dunque, che, come afferma la stessa regista, si fonda sul passare del tempo, sulla trasformazione degli spazi al variare delle condizioni, sulla mutevolezza di un universo femminile che riesce a sovvertire un ordine prescritto cui non può adeguarsi. E' come se lentamente gli spazi deflagrassero per lasciare il posto ad una nuova modalità di azione sotto la pressione di un tempo che non vuole più sottostarvi.
Il cabaret, l'appartamento, la casa al mare. Sono tre luoghi restituiti nella loro flagranza e pesanti come macigni perché è come se fossero abitati ognuno da un tempo della vita preciso da cui non si può derogare, tempi diversi, impossibili da fondere. Eppure basta recuperare la propria vita, scoprire nuovamente il proprio corpo ed accettare il desiderio, perché tutto venga aggredito da un virus che tutto sconvolge e rimette in discussione. A nulla quindi le raccomandazioni dei familiari, gli sguardi ostili dei vicini. La libertà diventa l'unico modo per recuperare il tempo perduto e per ritrovarsi, nuovamente giovani, a danzare spavaldi in una festa di famiglia.

Tratto da: www.kwcinema.kataweb.it