Storie di uomini. Un anno sull'altipiano

Teatro

Compagnia Arditodesìo
Storie di uomini. Un anno sull’altipiano
da Emilio Lussu
di e con Andrea Brunello
regia di Michele Ciardulli

Nella mia vita ho incontrato qualche grande capitano: sono uomini molto rari, di grande ascendente, rigorosi in primo luogo con se stessi, che comandano senza urlare... Tra i veri Capitani Emilio Lussu è stato il più grande.
(Mario Rigoni Stern)

Storie di Uomini ripercorre le vicende dei protagonisti del capolavoro di Emilio Lussu sulla vita dei soldati in trincea durante la Grande Guerra, nelle battaglie che si svolsero sugli Altipiani trentino-veneti tra il giugno del 1916 e il luglio 1917. Come ufficiale della Brigata Sassari, Lussu fu lucido protagonista e testimone delle vicende dei soldati italiani, ma anche quelle per molti aspetti analoghe dei reparti austroungarici che contrastarono la “Sassari”, mettendo così a fuoco il monito che da quella grande carneficina si leva contro i nazionalismi e i conflitti di lingua, nazionalità, religione, costumi. Sull’Altipiano hanno combattuto uomini che spesso sono morti per il capriccio di un comandante incompetente, “pazzo” o ubriaco di cognac, pagando con la vita il prezzo di scelte politiche e militari irresponsabili; ma anche uomini che hanno dato la vita con coraggio nella convinzione che esistano valori e ideali superiori.
Troppe volte nell’Italia di oggi si ha la sensazione dolorosa che il sacrificio di questi uomini sia stato vano. Ecco allora l’esigenza di uno spettacolo che ci riporti in sintonia con la storia più recente, per capire la società di oggi attraverso gli occhi di Emilio Lussu, «il più “grande” fra tutti i “veri” capitani», come lo definiva Rigoni Stern.
Storie di Uomini non è un lavoro gratuitamente antimilitarista, piuttosto è una ricerca profonda sui codici di comportamento dell’animo umano nelle situazioni più estreme. Da qui nasce la “sfida” di uno spettacolo, durissimo e delicatissimo allo stesso tempo, a tratti ironico e lucidamente divertente, pensato per una stretta intimità con il pubblico in quella che vuole essere una riflessione collettiva per una domanda finale che ci vogliamo porre: siamo ancora capaci, noi uomini e donne del ventunesimo secolo, di emozionarci per un ideale?