Willard Grant Conspiracy
A cosa effettivamente si riferisca il loro nome, sono in pochi a saperlo. Ma una cosa è certa, come sosteneva un critico inglese alcuni anni fa: alla base di questa band misteriosa e originalissima si nasconde una vera e propria "cospirazione". E' quindi inevitabile che, secondo i migliori stilemmi della massoneria, chiunque sia ammesso ad un loro concerto non possa più chiamarsi fuori: ha sentito troppo, e anche lui, ormai, è parte di essa. Ma cospirazione per, o contro, che cosa? Innanzitutto, e lo sanno tutti coloro che hanno ascoltato qualche brano dei W.G.C., per riportare in auge il vecchio folk, quello polveroso e lugubre delle old ballads americane, che affonda le radici nella caccia alle streghe di Salem, e quindi nei romanzi di Nathaniel Hawthorne, così come nelle storie del terrore raccontate attorno al fuoco in lunghe serate invernali, da qualche parte tra il Colorado e la East Coast. Una tradizione musicale che, da sempre presente nel sangue del combo bostoniano, e del corpulento leader Robert Fisher, ha trovato collocazione ottimale nei solchi dell'ultimo album, quel "Regard the end" (titolo allusivo..) che i Willard stanno portando in tour in Europa da poco più di due settimane e che innesta con sapienza elementi di gospel (grande passione di Fisher) su una base country e folk densa e oscura. Cospirazione poi, contro le regole del mercato e del pop da classifica, contro chi alla qualità preferisce macchine da soldi costruite a tavolino. I WGC, infatti, non sono niente di tutto questo: nati nel 1995 in quel di Boston dal sodalizio fra Fisher e il chitarrista Paul Austin, accomunati da un passato vissuto al limite e da una visione anticonformista e personalissima della vita e della musica, diventano fin da subito, su modello dei Giant Sand dell'eccentrico Howe Gelb, una band aperta, per cui vale ancora il curioso epigramma posto sul libretto di "3 AM Sunday at Fortune Otto's", l'esordio del 1996, che diceva: "Chiunque vi dica che ha suonato su questo disco, probabilmente l'ha fatto". E non è un caso che in 10 anni nelle file dei nostri abbiano militato quasi trenta musicisti, e che lo stesso Austin abbia lasciato nel 2002, il tutto mantenendo una coerenza incredibile a livello di suono, grazie fra l'altro alla voce di Fisher, baritonale e profonda, dalle parti insomma di Nick Cave o di un Leonard Cohen, o forse ancora più dell'ultimo Johnny Cash e del suo "hymn book", e per questo richiesta da decine di colleghi. Ad allontanarli dalle regole del mercato sono quindi i temi che affrontano. Senza finzione ne abbellimenti, le liriche di Fisher raccontano storie di morte, perdita e dolore, ambientate nel set suggestivo della provincia USA, nei centri minori e nelle strade che si perdono in lontananza, come testimoniano fra l'altro gli ottimi "Mojave" (1999), primo successo di critica, che li fa additare come capostipiti della nascente scena alternative country, e il successivo "Everything's fine"(2000).
È grazie all'associazione 'Woody Music' di Trento e al circolo culturale 'Musicandove' di Lavis, realtà che da anni promuovono la musica d'autore nella nostra provincia, che i Willard Grant Conspiracy fanno tappa a Lavis, terza delle quattro date italiane in promozione di "Regard the End" (2004) e della raccolta "There but for the Grace of God: a short history of the WGC". In questa occasione la formazione vedrà schierati, accanto a Robert Fisher, voce e chitarra acustica, Josh Hillman al violino, Simon Alpin alle chitarre e al mandolino, il batterista Tom King, la tastierista Yuko Murata e il bassista e contrabassista olandese Eric Van Loo... un'occasione unica per far parte fino in fondo della "cospirazione".
organizzazione: Woody Music - Musicandove