Gli occhi di Novello

Alla Biblioteca civica di Rovereto, fino al 20 Agosto 2016, risate sagaci grazie alla mostra dedicata al disegnatore e umorista Giuseppe Novello

Di anni, dalla loro prima pubblicazione, ne sono trascorsi più o meno una settantina ma le tavole di Giuseppe Novello sono drammaticamente attuali. La media borghesia non esiste praticamente più certi atteggiamenti quali le ipocrisie, gli egoismi, i conformismi e le vanità sono dure a morire. Quel popolo italiano messo su carta dall'umorista, tanto famoso ai suoi tempi quanto sconosciuto oggigiorno, "non solo non si è mai redento, ma ha continuato a sviluppare anticorpi ancor più resistenti a ogni vana speranza - dichiara il curatore Michele Pompei - di miglioramento e riscatto. Guardare e leggere oggi le tavole di Novello significa vivere una doppia esperienza, per quanto straniante, di notevole spasso e sincero sgomento".

Nato a Codogno (Lodi) il 7 luglio 1897, Giuseppe Novello frequentò il Regio liceo Berchet a Milano, città in cui si era trasferito nel 1912 e dove spesso visitava lo studio dello zio pittore, Giorgio Belloni il quale individuò e incoraggiò la sua precoce inclinazione per l’arte.

Chiamato nel 1917 sotto le armi, combatté da alpino nella 46a compagnia del battaglione Tirano, venendo coinvolto nella sconfitta di Caporetto.

Dopo la guerra, nel 1920, conseguì la laurea in giurisprudenza e nel 1924 si diplomò all’Accademia di belle arti di Brera. Negli anni Trenta raggiunse notorietà nazionale e internazionale come illustratore.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu richiamato alle armi nel V Reggimento Alpini e sopravvisse alla tragica esperienza della campagna di Russia. In guerra si distinse combattendo nella battaglia di Nikolajewka e ottenne la medaglia d’argento al valore sul campo. Dopo il rientro in Italia nel marzo 1943 e l’armistizio, il 9 settembre venne fatto prigioniero a Fortezza e il giorno dopo fu deportato nel Lager per ufficiali italiani di Częstochowa; da lì venne trasferito nei campi di Benjaminovo, Sandbostel e infine Wietzendorf, dove condivise la prigionia con Giovannino Guareschi, Roberto Rebora, Enzo Paci, Giuseppe Lazzati, Alessandro Natta, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò.

Dato per morto da varie cronache giornalistiche, nel 1945 rientrò in Italia e riprese a dividere la sua vita fra Milano e Codogno, alternando l’illustrazione umoristica alla pittura. Dal 1948 iniziò a disegnare vignette satiriche per La Stampae nel 1950 tenne presso la Galleria Gian Ferrari di Milano la sua prima mostra personale,

Morì il 2 febbraio 1988 a Codogno.

redazione

05/08/2016