EROINE RODARIANE

Enrica e la bambola a transistor

in “Novelle fatte a macchina”

Enrica è una bambina di sette anni che per Natale riceve in regalo una bambola elettronica a transistor con la lavatrice incorporata. Una bambola molto particolare e originale a cui non piace giocare con tazzine, bottigliette e tavolinetti, ma gradisce giocare con le automobiline e fare tutti quei giochi “da maschi”.

Enrica è la protagonista nella novella “La bambola a transistor” che insieme ad altri racconti fa parte delle “Novelle fatte a macchina”: una raccolta edita nel 1973, che raccoglie brevi storie uscite dalla penna di Gianni Rodari per la rivista romana “Paese sera” tra il 1972 il 1973. Enrica è la bambina che nell’arco di poche pagine scopre di sentirsi diversa da quello che la società si aspetta: “Le bambine debbono giocare con le bambole. Debbono imparare a fare le brave mammine e le brave padrone di casa, che sanno mettere a posto i piattini e le chiccherine, fare il bucato e lucidare le scarpe della famiglia” (brano tratto dalla novella). La irriverente e sfrontata bambola a transistor insinua in lei il dubbio che tutto si possa fare ed essere perché “a camminare hai imparato lo stesso – anche senza i brutti voti -. E hai imparato a parlare, a cantare, a mangiare da sola, ad allacciarti i bottoni e le scarpe, a lavarti i denti e le orecchie, ad aprire e chiudere le porte, a usare il telefono, il giradischi e la televisione, a salire e scendere le scale, a lanciare la palla contro il muro e riprenderla, a distinguere uno zio da un cugino, un cane da un gatto, un frigorifero da un portacenere, un fucile da un cacciavite, il parmigiano dal gorgonzola, la verità dalle bugie, l’acqua dal fuoco. Senza voti, né belli né brutti. Giusto?”

Giusto e noi aggiungiamo anche che i bambini fanno tutto questo da soli. Ecco perché non riusciamo a non associare a questa novella il libro del designer William Wondriska, “Tutto da me”, edito da Corraini edizioni nel 2010 ma già conosciuto dal pubblico internazionale dal 1963, quando venne editato per la prima volta. Anni che risentono dello stesso clima culturale delle novelle rodariane; quando si pensava che l’individuo nella sua specificità e particolarità andasse coltivato e accompagnato nel percorso personale e originale di crescita. Anni in cui si pensava che i bambini potessero esprimersi liberamente perché capaci di fare tantissime cose da soli come la figlia del designer, Alison Wondriska, che a cinque anni elenca con estrema precisione le tantissime cose in cui è abile. La bellezza e il valore culturale di questo albo non risiede solo nel messaggio ma anche nella sua resa estetica fatta di una grande maestria nell’accostare grafica, illustrazione e fotografia, tanto da aprire uno dei tanti sentieri di sperimentazione del settore.

La tavola a monotipia dell’artista trentina Alessia Carli colpisce per il suo blu intenso che sfuma in un bianco lievemente sporcato d’azzurro. Uno spazio in cui perdersi, nuotare, sorvolare il mondo per muoversi liberamente in quest’atmosfera di cielo o di mare. Un blu che accoglie, avvolge ed evidenzia un cuore dalla tinta rossa accesa e una capigliatura che diventa nuvole e ariosità. Il cuore che appartiene a una figura femminile che osserva l’osservatore, in modo schietto, sincero, scevro da ogni conformismo. E un vestito, definito da semplici linee, che si apre a creare un triangolo, dove alloggiano il cuore e una bicicletta, che così posta al centro non può che trasformarsi in simbolo. E infatti, l’immagine racconta il transfert che Enrica applica alla bambola a transistor. Enrica è come congelata nel costo emotivo che si paga per restare in bilico tra aspettative - le bambine giocano con le bambole - e la rivendicazione del proprio diritto alla libertà, perché anche le femmine vogliono andare in bicicletta. Come non pensare ad un’altra figura femminile che fa risuonare ugualmente forte il concetto di provare a superare i limiti imposti dalla cultura vigente. Wadjda, la giovane protagonista del film “La bicicletta verde” (in italiano, sono “Wadjda” in originale) della regista saudita Haifan Al-Mansour offre un’immagine decisa e intraprendente. Wadjda lotta per possedere una bicicletta, mezzo tradizionalmente riservato agli uomini. La vuole verde, la sua bicicletta, per poter giocare con un bambino suo vicino di casa. La bicicletta si trasforma in un simbolo di emancipazione e libertà, al pari della “bambola transistor” di Gianni Rodari. Due differenti oggetti rappresentativi di una stessa scelta di vita, capace di trasformare Enrica e Wadjda in due persone indipendenti e desiderose di seguire le personali aspirazioni. Inoltre, ciò che unisce le diverse figure femminili citate è la loro voglia di “fare da sole”, senza adulti di riferimento, senza indicazioni o aiuti che possono indicare un percorso. La scelta di Enrica, Alison e Wadjda è una scelta individuale, condotta con autonomia e consapevolezza.

parte di: EROINE RODARIANE

04/01/2021