Archivio Studio Gadenz

Composto principalmente di negativi su supporto di vetro, documenta l'attività di un'azienda familiare che all'attività di studio affiancò una capillare documentazione del territorio e della vita del Primiero

I 6.690 negativi, acquisiti nel 1993, sono principalmente nei formati 10x15 e 13x18 su supporto di vetro, e si possono suddividere in due gruppi: un primo nucleo di 1.613 raffigura paesaggi, montagne e centri abitati della valle del Primiero e del Vanoi; i rimanenti sono ritratti, gruppi e riproduzioni. In questo fondo viene raccolta la documentazione sull'evoluzione paesaggistica e socio-economica del Primiero a partire dai primi anni '20 del Novecento fino alla fine degli anni '60. 
La fortuna dei Gadenz di Fiera di Primiero, cartolai, editori e fotografi, iniziò con Sebastiano (1872-1926) che agli inizi del secolo, intuendo interessanti possibilità commerciali con l'avvento del turismo, aprì una cartolibreria con rivendita di souvenir. Il figlio di Sebastiano, Giovanni, detto comunemente Nani (1900-1978), fu avviato, seppure controvoglia, al mestiere di fotografo. Dopo l'apprendistato, svolto durante il primo conflitto mondiale a Milano, fu in grado di aprire, accanto all'attività editoriale del padre, anche quella di fotografo allargando l'attenzione verso temi, oltre che paesaggistici, anche folklorici, documentando gli usi e costumi del Primiero. Assieme alla gestione del negozio di Fiera, aprì un'attività analoga anche a San Martino di Castrozza e si occupò dell'allora nascente Azienda di Soggiorno, divenendone presidente. La sua opera di illustratore della valle, ancora reperibile in riviste e libri, è oggi in gran parte dispersa. Anche il figlio di Giovanni, Aureliano (1929-2006), conosciuto localmente col nomignolo di Lallo, proseguì l'attività del padre. Aggiornando sia le attrezzature che i tagli visivi, influenzato positivamente dalla luminosa ed essenziale fotografia dei fratelli Pedrotti, Lallo Gadenz produsse nuove immagini sul tema delle bellezze naturali del Primiero. Si può considerare la sua opera, purtroppo discontinua e precocemente interrotta per motivi di salute verso la fine degli anni ‘60, come una delle ultime testimonianze di un uso della tecnica bianco-nero che travalica la mera documentazione per diventare significativa espressione della cultura fotografica degli anni Cinquanta.