Le Case affrescate di Trento
Una delle attrattive d’arte più caratteristiche, una delle ‘immagini simbolo’ della città di Trento
Se piazza del Duomo fosse priva delle due case con i portici e con le facciate affrescate sarebbe molto meno bella. Verrebbe infatti meno una delle attrattive d’arte più caratteristiche, una delle ‘immagini simbolo’ della città.
Anche altrove nel centro storico le case dipinte sono sempre state un elemento pregnante del volto urbano. A Trento l’uso di dipingere le facciate si ispirò a quanto si faceva nell’area veneta specie nei secoli XV e XVI: soprattutto a Verona, Treviso, Feltre e in molti altri centri, anche minori. Nel Cinquecento venne fortemente incentivato dal vescovo-principe Bernardo Cles che nel 1533, in una nota lettera a uno dei suoi più stretti collaboratori raccomandava di convincere i cittadini più abbienti a far dipingere con affreschi le facciate delle loro dimore.
Questo uso conobbe il suo momento d’oro nel Cinquecento (non solo in Italia ma anche a nord delle Alpi) dai primissimi anni di quel secolo fino all’ esaurirsi dell’età di Cristoforo Madruzzo, negli anni Settanta. A quest’epoca tutte le facciate più importanti dovevano esser già state decorate. Ed erano molte, come testimoniano i ricordi dei viaggiatori che descrissero la città. Nel 1614 Pierre Le Monnier osservava che c’erano “belle case, la maggior parte delle quali dipinte con figure diverse, storie e stemmi”. Del tardo Seicento (1673) è la nota testimonianza di Michelangelo Mariani che enumerava ben diciassette facciate dipinte. Queste testimonianze e altre successive fanno comprendere quanto le case affrescate siano sempre state tenute in alta considerazione, al punto da essere segnalate fra il meglio del patrimonio artistico della città.
Trento è un’autentica città d’arte, una delle più ricche di attrattive storiche e culturali tra quelle dell’Italia del Nord (se si prescinde da alcuni centri maggiori). Evidenti sono i riflessi positivi sull’odierna frequentazione turistica. Le vecchie guide del Touring Club Italiano la definivano “città di nobile e severo aspetto, ricca di ricordi romani e di superbi monumenti romanici e della Rinascenza”. La più recente, del 2016, ne presenta l’“immagine urbana di severa bellezza nelle architetture medievali e rinascimentali con un fondo tra il veneto e il nordico peculiarmente declinato”.
Va detto però che l’immagine di “Trento città d’arte” è maturata lentamente e si è affermata solo negli ultimi tre decenni grazie ai restauri del centro storico, al recupero di molti palazzi, alla pulitura delle loro facciate, delle loro pietre, dei loro intonaci… e anche al restauro di molti prospetti affrescati. La pubblicazione nel 1988 del volume Luochi della Luna. Le facciate affrescate a Trento, fornì la prima analisi sistematica delle facciate dipinte della città, insieme al censimento di molte altre testimonianze pittoriche “minori”, per così dire, ma pregevoli.
Dal tempo dei restauri degli Ottanta e Novanta del Novecento, finanziati dal Comune e dall’Amministrazione Provinciale, sono trascorsi almeno due o tre decenni e il degrado degli affreschi, allora temporaneamente arrestato, ha ripreso il suo corso, in molti casi con esiti che preoccupano. Queste testimonianze imperdibili della storia e dell’arte della città richiedono nuove cure e attenzioni, fra cui un’indagine sistematica, accurata, dello stato di conservazione: la sola in grado di programmare i necessari interventi di tutela e manutenzione secondo criteri di priorità.
Ezio Chini
(1950), storico dell'arte, si laurea con Mina Gregori all'Università di Firenze (1975). Dal 1978 al 2010 ricopre l'incarico di funzionario della Provincia Autonoma di Trento e nell’ambito dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento gli vengono affidati i seguenti incarichi di carattere direttivo: coordinamento dell’attività di catalogazione del patrimonio artistico del Trentino (1978-1982); direzione restauri opere mobili ed affreschi (1981-1987; 1999-2003); direzione (come sostituto) del Museo Provinciale d’Arte, Castello del Buonconsiglio (1988-1990); direttore di Divisione, settore storico-artistico, Castello del Buonconsiglio, dal novembre 2003. È autore di circa 250 pubblicazioni, sull’arte a Firenze, nel Veneto, in Lombardia e soprattutto in Trentino, con particolare riferimento ai secoli XVI-XVIII, al Castello del Buonconsiglio e ai pittori Girolamo Romanino, Marcello Fogolino, Dosso e Battista Dossi. È organizzatore di numerose mostre, fra cui Dipinti su tela. Restauri (1983); Girolamo Romanino (2006;in collab. con L. Camerlengo, F. Frangi, F. de Gramatica); L’arte riscoperta (2000; in collab. con P. Pizzamano ed E. Mich). È socio dell’Accademia degli Agiati, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e di Italia Nostra (membro della Direzione). Nell’ambito di Italia Nostra - Sezione di Trento, coordina dal 2017 il progetto Trento città dipinta. Un patrimonio da salvare. È Delegato regionale alla valorizzazione nell'ambito della Delegazione Fai di Trento.
Delegato regionale alla valorizzazione