I mondi di Carlo Belli. Da Rovereto alla Magna Grecia

Un approfondimento sulla figura dell'artista e intellettuale roveretano a conclusione del progetto di inventariazione del Fondo Carlo Belli avviato nel 2012 

Carlo Belli con Tanino De Santis a Metaponto, 1962 [ Mart Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto]

Franco Nicolis ha presentato il suo contributo sul tema "Immaginazione, virtù poetica, forma letteraria. L’archeologia non canonica di Carlo Belli". Ne proponiamo un abstract.

"Il mondo di Carlo Belli era multivocale. Una delle voci che più fortemente risuonava negli orizzonti intellettuali percorsi dal roveretano era quella dell’archeologia, in particolare del mondo classico, della Magna Grecia, della Sicilia. Era una voce che poteva sembrare inconciliabile con la modernità del poeta, del musicista, del pittore Belli. Ma era solo apparenza: le due voci, l’antichità e il presente, convivevano. Attraverso la propria sensibilità di osservatore e di critico della contemporaneità Belli riusciva a cogliere nelle manifestazioni culturali del passato elementi originali ed espressioni artistiche nuove, celate sotto il velo di cenere della tradizione. Questa sua capacità di svelamento è stata definita giustamente da Giovanni Pugliese Carratelli “un contributo critico che l’archeologia canonica non dovrebbe ignorare”.

L’elemento che, a detta dello stesso Belli, aveva innescato questo interesse per il passato era stata la frequentazione dei due famosissimi archeologi roveretani Federico Halbherr e Paolo Orsi. In particolare era stato fulminato dall’ascolto dei racconti delle imprese archeologiche di quest’ultimo in Sicilia e in Calabria: “bevevo le sue parole a una a una, perché era come se Ulisse in persona mi avesse narrato i suoi viaggi”. Ed è proprio la forma letteraria che rievoca l’esperienza del viaggio (più modestamente nelle sue opere Belli parla di passeggiate o di scorribande) lo strumento comunicativo che Belli adotta per raccontare l’archeologia, la sua archeologia, fatta di contatto diretto con le testimonianze materiali del passato ma anche di fantasia e immaginazione (“La fantasia, l’immaginazione è madre della storia, come della poesia”).

Egli ammette di non appartenere all’accademia dell’archeologia (e non ambisce a farne parte), riconosce l’importanza del dato storico e del discorso scientifico, ma rivendica anche la possibilità, o forse meglio, la necessità di fare un passo in avanti attraverso la virtù poetica: “La scienza è tutto, e ben le si addice la severità e il rigore ma essa è nulla, se a un certo punto non riesce a diventare palpito”. E infatti il primo volume di Passeggiate in Magna Grecia, Rive del Sud, inizia così: “Sul far di una sera, press’a poco settecentocinquant’anni prima della venuta di Cristo,…..”.

Questa è l’immaginazione al lavoro. Questa è l’archeologia non canonica, non accademica, non istituzionale. È l’archeologia "detta" attraverso un linguaggio per non iniziati, diverso da quello degli archeologi, spesso criptico, autoreferenziale e noioso.

Ma per Carlo Belli l’archeologia non è fatta solo di monumenti e di cumuli di reperti che devono essere tutelati e conservati e che servono a ricostruire memorie storiche.
Le antiche città della Magna Grecia appartengono anche al paesaggio contemporaneo, e possono, e devono, richiamare l'interesse dei viaggiatori e dei turisti. Bisogna “mettere la Magna Grecia di moda”, spiegava ad Amedeo Maiuri, allievo di Federico Halbherr e scavatore di Pompei. Turismo culturale ante litteram, quindi, ma forse con qualche elemento di nobiltà in più rispetto a come purtroppo viene inteso oggi, come mero sfruttamento monetario del patrimonio culturale".

Franco Nicolis - direttore Ufficio beni archeologici Provincia autonoma di Trento

13/04/2015