Il valore della memoria
Uno sguardo retrospettivo alla mostra "Tra normalità e orrore": il messaggio dell'arte. Di Chiara Limelli
Sono arrivate dritte al cuore le opere facenti parte della collezione del Museo Ţarii Crişurilor di Oradea ospitate dal 27 gennaio all’1 marzo 2015 nelle sale di Palazzo Calepini a Trento.
La storia che sta dietro a quelle pennellate non ha lasciato indifferenti i visitatori accorsi, molti dei quali studenti. A dimostrarlo i commenti lasciati sul libro delle presenze.
Sei degli artisti plastici ebrei proposti dalla mostra morirono durante l’Olocausto: Ernő Tibor, David Jándi, Jószef Klein, Ernest Grűnbaum, Barát Móric e Leon Alex. Molti di loro nacquero oppure studiarono arte ad Oradea, come Ernő Tibor, Leon Alex, Barát Móric, Ernest Grűnbaum. Furono inghiottiti senza aver avuto alcuna colpa, molti di loro nella piena creazione artistica, a causa dell’odio che ossessionava l’Europa.
Un’atmosfera tutt’altro che funesta, però, quella suggerita dai quadri in mostra: scene di vita quotidiana, colori vivaci, paesaggi rassicuranti che nulla lasciano presagire dell’inferno che si sta per scatenare. Uniche eccezioni, le opere veggenti di Leon Alex.
Di grande impatto emotivo l’intuizione dei campi di concentramento e del proprio destino espressa da La Gabbia: cinque uomini con “tratti semitici”, nudi, scheletrici, con le ossa che sporgono dalla pelle, con i piedi fangosi, esclusi dalla società (seduti sui rami di un albero) guardano la gabbia che li attende.
“Questa mostra vuole parlare di orrore all’interno della normalità, delle grandi vertigini della storia, della luce e delle tenebre nei destini individuali e collettivi, quando – spiega - Aurel Chiriac, direttore del Museo di Oradea - le degenerazioni ideologiche, sociali o religiose hanno il potere di metterti nella categoria 'di chi non deve esistere'. Vuole dimostrare che anche la storia dell’arte ha le sue fosse comuni, che non possono mai essere dimenticate. Soprattutto in questi tempi quando ci accorgiamo che l’orrore ci circonda da tutte le parti, oggi anche con la variante del terrorismo internazionale”.
I sei artisti di “Tra normalità e orrore: Artisti plastici ebrei di Oradea e il dramma dell’Olocausto” che sopravvissero, superando odio ideologico e religioso, continuarono a lavorare in Romania dopo la fine della seconda guerra mondiale. Tra loro, alcuni dei più importanti pittori romeni del Novecento, quali Iosif Iser e M.H. Maxy. O come Victor Brauner, ebreo originario di Piatra Neamţ, che lasciò la terra natia nel 1930 per stabilirsi a Parigi, dove morì nel 1966.
Un percorso, quello tratteggiato a Palazzo Calepini, dalla normalità interbellica all’orrore, e poi un ritorno alla vita normale attraverso l’arte.
19/03/2015