"Montagna oltre la natura. Il paesaggio interpretato"

La mostra fotografica è visitabile fino al 10 gennaio al Palazzo assessorile di Cles

[ Mart]

Venerdì 9 ottobre ad ore 18.30 sarà inaugurata a Palazzo Assessorile "Montagna oltre la natura. Il paesaggio interpretato", sul tema della montagna realizzata in collaborazione con il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Ideata da Margherita de Pilati, curatrice del Mart e responsabile della Galleria civica di Trento, la mostra (visitabile fino al 10 gennaio) esplorerà il mondo della montagna, intesa non solo come spazio fisico ma anche come luogo della mente e dello spirito, che tempra il corpo e forma il carattere. 

Margherita de Pilati ci presenta le peculiarità del progetto: 

"La montagna non rappresenta solo uno spazio fisico. È un luogo della mente e dello spirito, che tempra il corpo e forma il carattere. È allo stesso tempo luogo e teatro di trasformazioni continue, sia di natura geologica che antropica. L’uomo modifica il paesaggio abitandolo, utilizzandolo, piegandolo ai propri scopi: coltiva le pendici delle montagne, ne sfrutta le pendenze per lo sport e per il divertimento, estrae minerali e materie prime dalle sue profondità, costruisce strade per rendere accessibili luoghi remoti.

Talvolta, trasforma le montagne in scenari di guerra, come avvenuto cento anni fa in occasione delle drammatiche e logoranti battaglie di trincea ad alta quota che caratterizzarono il fronte alpino della Grande Guerra. Altre volte l’uomo è capace di rispettare l’ambiente montano, osservandolo silenzioso e tutelandolo. Ne resta così affascinato e impressionato che spesso lo elegge a soggetto di opere letterarie e pittoriche: gli esempi sono pressoché infiniti. Basti pensare ai dipinti di Giovanni Segantini, massimo interprete delle emozioni estetiche delle vette alpine e raffinato cantore della vita bucolica, che alla fedeltà nei confronti della pittura en plein air consacrò la propria vita.

Attraverso la fotografia, la montagna non è più idealizzata e interpretata, la resa del paesaggio è fedele come solo l’obiettivo della macchina può fare. Una montagna diversa. Non quella idealizzata dai pittori dell’800, ma una montagna vera, talvolta aspra e difficile, teatro dell’azione dell’uomo e di continue modificazioni paesaggistiche, vista attraverso il filtro di sette fotografi contemporanei: Gabriele Basilico, in un celebre ciclo dedicato al Trentino, cerca le tracce dei segni lasciati sul territorio dall’azione economica, industriale e sociale dell’uomo; Antonio Biasiucci, con la serie Magma, si concentra sugli aspetti geologici della montagna; Alberto Bregani registra le asprezze delle rocce dolomitiche; Gea Casolaro sfrutta la montagna come libro della memoria, sovrapponendo fotografie d’epoca con scatti contemporanei; Camilla de Maffei indaga un luogo di montagna violentato dalla guerra, i boschi attorno a Sarajevo; Walter Niedermayr racconta l’epopea del turismo invernale in montagna; Marco Maria Zanin evoca con i suoi scatti una visione poetica della natura.

Un approfondimento sugli artisti: 

Gabriele Basilico (Milano, 1944 – 2013) Noto per la sua capacità di indagine sui contesti urbani, Basilico ha al suo attivo una serie straordinaria di lavori dedicati alla geografia dell’abitare, sia in Italia che all’estero, da cui ha tratto saggi esemplari per una ricognizione molto efficace sul cambiamento delle città e della società contemporanea, un tema che sembra davvero potersi affidare soltanto alla verità dell’obiettivo fotografico. Nel sapiente uso del bianco e nero, nelle ampie prospettive che a volo d’uccello traguardano montagne e valli per sconfinare verso l’orizzonte del cielo, nel puntiglioso documentare con una precisione che mette “tutto a fuoco” anche i dettagli più piccoli e lontani dei luoghi oggetto della sua indagine fotografica, Basilico risponde con grande convinzione alla nostra sempre viva esigenza di conoscere, capire e interpretare i luoghi dove la nostra vita si compie e dove dunque i destini della storia si avverano.

Antonio Biasiucci (Dragoni, 1961) Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica in un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza.

Alberto Bregani (Milano, 1962) Considerato tra i più puri e validi interpreti della fotografia di montagna in bianconero, cresciuto a Cortina d'Ampezzo, scatta prevalentemente in pellicola medio formato. Lavora su progetti preferibilmente di medio/lungo periodo. Nel dicembre del 2012 è stato pubblicato il suo lungo lavoro dedicato alle Dolomiti di Brenta, durato quattro anni, dal titolo "Dentro e fuori le Cime. Dal 2005 è Accademico del G.I.S.M. - Gruppo Italiano Scrittori di Montagna che raggruppa scrittori, alpinisti, fotografi che attraverso imprese alpinistiche o opere letterarie e fotografiche abbiano contribuito ad accrescere la cultura di Montagna. SoloilVento è un progetto in pellicola bianco e nero, in cui Bregani, ha percorso alcuni dei più significativi e suggestivi tratti di media e alta montagna del fronte Austro-Ungarico trentino, per fotografare “con sguardo autoriale, contemporaneo ed evocativo” le vestigia della Grande Guerra.

Gea Casolaro (Roma, 1965)Dal 1994 espone in musei, spazi istituzionali e gallerie private in Italia e all'estero. Con un approccio vicino alle pratiche di sociologi e filosofi, utilizza i mezzi della contemporaneità per indagare la nostra relazione con le immagini, l'attualità, la società che ci circonda, i paesaggi urbani e le persone che li vivono. Il suo lavoro dà grande risalto visivo al passare del tempo, ed è quindi innanzitutto una riflessione sul carattere di permanenza dell’opera dell’uomo. Si tratta di elaborazioni fotografiche di grande formato, nelle quali Casolaro ha sovrapposto immagini recenti e scatti storici d’archivio.

Camilla de Maffei (Cles, 1981)Il progetto The invisible mountain. Sarajevo, realizzato nel 2011, è basato sull’interazione tra fotografia ed antropologia sociale, esplora il passato ed il presente di un territorio dimenticato. Il monte Trebevic, uno dei più potenti simboli di Sarajevo, è stato da sempre la meta privilegiata delle escursioni cittadine. Sede dei giochi olimpici nel 1984, fu occupato dalle truppe serbo-bosniache all’inizio del conflitto e trasformato in una postazione chiave dell’assedio della città. Durante la guerra le strutture presenti sulla montagna vennero rase al suolo ed ancora oggi il paesaggio ne porta le dolorose cicatrici.

Walter Niedermayr (Bolzano, 1952)Fin dai primi anni ottanta nei suoi lavori fotografici e video osserva come le trasformazioni prodotte dall'industria del turismo modificano il paesaggio alpino. Il tema ricorrente della sua ricerca artistica é la rappresentazione dello spazio e della sua percezione, sia in contesti aperti che in strutture chiuse. La sua produzione trova espressione in progetti seriali "in progress" nei quali, abbandonando l'immagine singola in favore di composizioni a più pannelli, crea interruzioni e sovrapposizioni spazio-temporali.

Marco Maria Zanin (Padova, 1983)dedica gran parte del suo tempo ad esplorare l'universo umano, studiando diverse culture, praticando le discipline olistiche e viaggiando per il mondo, sempre in contatto con la natura, l'individuo e la sua anima. Zanin considera la fotografia come strumento privilegiato per creare una relazione con il mondo. Diventa un mezzo per realizzare un percorso di indagine interna e la conoscenza di sé, e quindi uno strumento per trasformare l’uomo e la società. L’uso personale del colore e la meticolosa attenzione ai dettagli avvolgono e accompagnano con dolcezza l'osservatore."

Margherita de Pilati - curatrice della mostra

05/10/2015