Riflessi di nobiltà

A Castel Caldes la collezione Triangi racconta la storia dell'ascesa sociale di una famiglia che dalla Valtellina raggiunge il Trentino

[ Castello Buonconsiglio]

La famiglia Triangi, originaria della Valtellina, si trasferisce a Trento durante il XV secolo. Anche se, come osserva Mirco Longh, curatore della mostra allestita a Castel Caldes fino al 28 ottobre, “il tentativo di ricostruirne la formazione si scontra con la realtà documentaria e storiografica”, la recente donazione di Lucia Triangi al museo Castello del Buonconsiglio permette una prima disamina della poliedrica collezione di detta famiglia.

Importante, a tale scopo, risulta il lavoro di ricerca affrontato per rintracciare le committenze della famiglia. “Una delle rare testimonianze in tal senso – spiega Longhi – riguarda il palazzo in Contrada Larga, attuale via Belenzani, edificio che è il risultato dell’unione di più corpi di fabbrica, di cui i Triangi vennero in possesso nel corso del XVII secolo. Purtroppo a seguito del bombardamento durante la Seconda guerra mondiale, assieme all’elegante portale barocco, si è conservata soltanto la facciata della struttura architettonica originale, mentre gli spazi interni sono stati completamente ridefiniti da un restauro degli anni Sessanta.

Come risulta dai documenti, la grande sala al piano nobile del palazzo sembra essere l’unico spazio ufficiale consono ad ospitare i ritratti di rappresentanza. “È Nicolò Rasmo a portare all’attenzione critica l’intero complesso della galleria di antenati che scorreva davanti agli occhi del visitatore al piano nobile della residenza in via Larga – precisa Longhi: ‘Tredici ritratti di membri della famiglia Triangi dalla fine del XVI al XVIII secolo. Notevole il ritratto di Ascensio Triangi, storico’”

Delle tele viste da Rasmo ad oggi se ne conservano nel complesso dieci, di cui tre parte della recente donazione al museo.

L’ascesa sociale della famiglia inizia con Ascensio (I) Triangi alla fine del XVI, e come è consuetudine nelle famiglie di nuova nobilitazione, questo nuovo status è accompagnato appunto da una particolare attenzione alla ritrattistica ufficiale.

Tra le opere più significative, menzioniamo in proposito il ritratto del mercante ed oste Ascensio (I) assieme a quello della consorte Caterina Morotto da Riviano, “quasi en pendant con quel basso tavolo che sembra proseguire dal primo al secondo dipinto, possono apparire somiglianti ad una lettura superficiale, se si considerano le armi araldiche, le iscrizioni poste lateralmente e che ricordano in scrittura gotica tedesca i loro titoli, il loro legame nuziale nonché la medesima data, 1590”.

A ben guardare però, i due lavori non sono coevi: “La pennellata si fa più corposa nel dipinto maschile” - annota il curatore. Si notano inoltre alcune differenze legate al costume e alla grafia gotica, molto più elaborata nel caso di Ascensio . Vi è poi “un elemento discrepante e dirimente: la data 1590 non corrisponde allo stemma Triangi dipinto nel ritratto dell’oste, concesso nel 1616 dall’imperatore Mattia”.

La data 1590 non sembra fare dunque riferimento al matrimonio tra i due, ma è connessa piuttosto a uno scopo celebrativo che coincide con l’inizio del cursus honorum di Ascensio nelle istituzioni cittadine nell’orbita politica del capitano tirolese Kaspar Wolkenstein.

Analogamente, anche il Ritratto di Stefano (I), bisavolo del precedente Ascensio (I) e ricordato nell’iscrizione dipinta con il titolo di Ritter, sembra essere cronologicamente successivo rispetto alla data dipinta 1510.

Con l’ascesa sociale la famiglia non si dimostra attenta solo al palcoscenico sociale cittadino ma anche alla creazione di una scenografia ideale di vita aristocratica dedicata all’otium latino – agli svaghi e agli interessi caratteristici di una villa suburbana di rappresentanza – secondo i dettami già prefissati in età rinascimentale da Leon Battista Alberti, in seguito rielaborati da Palladio.

A Maderno la famiglia acquisisce nel 1663 alcuni terreni e relativi fabbricati rurali, realizzando una vera e propria villa di rappresentanza. 

“Fortunatamente – approfondisce Longhi - per avere un’idea completa dell’originale strutturazione della villa si conserva un documento di pochi anni successivo all’autorizzazione per celebrare messa. La fonte imprescindibile per un’ideale ricostruzione degli ambienti annessi è un atto di stima del 1766 per la divisione dell’eredità di Francesco Guglielmo Triangi; un passaggio pare illuminante, quando nel descrivere il piano nobile si sofferma su 'una cappella, pure con terrazzo alla veneziana e volto soazato, con ponticello di dentro per comodo di ascoltar la Santa Messa, in questa ritrovasi un altare di pietre marmorate'. Oltre a confermare la presenza dello spazio liturgico all’interno del corpo di fabbrica e a ricordarci l’esistenza di un palco con balaustra da cui la famiglia poteva assistere comodamente alle funzioni, il riferimento si rivela interessante perché descrive l’altare, luogo di collocazione originale della pala Triangi che oggi si trova conservata nella chiesa di San Michele a Mala in Valle dei Mocheni".

Una tela attribuita aun pittore tirolese che costituisce un po' il cuore della mostra presso Castel Caldes: "Da un lato rappresenta un’iconografia inconsueta che esalta il nome della famiglia Triangi e il loro stemma parlante attraverso la triplice raffigurazione di tre angeli, dei tre arcangeli e in alto a destra al di sotto della Trinità, di tre cherubini – quest’ultimi vero e proprio richiamo diretto alle insegne araldiche dei committenti" – spiega ancora Longhi. Dall’altro è presente il progetto dettagliato della villa di Maderno dispiegato e illustrato sotto i raggi di luce della divina benevolenza.


22/08/2018