Zhdat': dalle Alpi alla Siberia
"Le montagne sono per me da sempre sinonimo di bellezza e felicità": la ricerca di Pasini alle Gallerie
“Le montagne sono per me da sempre sinonimo di bellezza e felicità. Qualche tempo fa, ho sentito il desiderio di raccontare la drammaticità nascosta dietro a queste icone di bellezza. Mi sono soffermato su alcuni luoghi simbolo del fronte italo-austriaco: luoghi selvaggi e meravigliosi, scenari che incantano, oggi come un tempo, ma che cent’anni fa si trasformarono in teatri di atrocità. Ho ricercato un’opera scarna, volevo immagini semplici che sapessero sussurrare e che fossero delicate e coinvolgenti e, soprattutto, lontane dallo stereotipo pubblicitario. La ricerca di minimalismo mi ha portato ad una scelta estrema, il foro stenopeico: una scatoletta di legno, con un piccolo forellino grande come la punta di un ago. Quindi, fotografare senza lenti, senza la possibilità di poter inquadrare, senza la possibilità di programmare i diaframmi. Lo stesso procedimento della camera oscura: fasci di luce attraversano il piccolo foro e vanno ad incidere il materiale fotosensibile. Sono tanti puntini, tanti piccoli cerchi, uno vicino all’altro che vanno a formare l’immagine. La fotografia risulta poco nitida, morbida, tutti questi puntini formano circoli di confusione che a volte rendono evanescente la materia dura della roccia, altre volte lasciano il paesaggio sospeso”.
Con queste immagini Fabio Pasini descrive la sua ricerca fotografica e introduce Zhdat': dalle Alpi alla Siberia. Paesaggi di oggi storie di ieri (1914 – 1920), la mostra che è l'esito della sua ricerca. Una fotografia che tende a restituire l'emozione di uno sguardo oltre al paesaggio ritratto. L'inaugurazione avrà luogo giovedì 16 marzo tra le 18 e le 20 presso le Gallerie di Piedicastello
Con la stessa tecnica, Pasini ha ritratto altri luoghi di memoria, lontani dal fronte italo-austriaco, eppur ad esso legati. Infatti, ha seguito i diari e i racconti dei “dimenticati della Grande Guerra”, uomini inviati a combattere in Galizia e qui caduti oppure fatti prigionieri e tradotti in Russia.
Seguendo queste tracce si è spinto fino ad Arcangelo a nord ovest e a Vladivostok a est lungo la transiberiana. Da questi porti iniziarono i ritorni: storie ancor più straordinarie ed eccentriche. I primi avvennero doppiando Capo Nord e proseguendo lungo le coste norvegesi e scozzesi, poi via terra a Londra quindi la Francia ed infine l’Italia. Quelli successivi, nel ’18, videro, da subito, il rientro dei soldati inabili al servizio militare che, dopo aver attraversato il Pacifico e l’Atlantico ed aver vestito quattro divise di altrettante nazioni, raggiunsero l’Italia. Gli ultimi rientri seguirono verosimilmente sempre la stessa rotta: le coste della Cina, dell’Indonesia, la traversata del Mar Rosso quindi il Mediterraneo e l’Adriatico.
Ancor oggi Fabio Pasini ha ritrovato situazioni che riportano ad alcuni passaggi dei diari: l’accoglienza della gente e l’aiuto spontaneo delle persone comuni, l’estensione e lo spazio infinito.
15/03/2017