“T-essere Memoria”
Un progetto museale per persone affette da Alzheimer
Secondo il World Alzheimer Report 2015 sono oltre 46 milioni le persone affette da demenza senile nel mondo con un incremento annuo di oltre 9,9 milioni di nuovi casi. Fra questi la malattia di Alzheimer colpisce sempre più persone. E anche in Trentino si stima che le persone con questa patologia degenerativa siano circa 7.000 con più di 600 casi diagnosticati ogni anno. La complessità del problema è ben presente all'Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Margherita Grazioli di Povo che da tempo ha messo in atto azioni e iniziative per contrastare con metodi non farmacologici il decorso di questa malattia. L'ultimo progetto in ordine di tempo è “T-Essere Memoria”, realizzato in collaborazione con i Servizi Educativi dell'Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento. I risultati del progetto saranno presentati al pubblico giovedì 10 dicembre alle ore 16.30, all'Alzheimer Caffè, a Trento in via al Torrione 6, presso la sede dell'Associazione Alzheimer. All'incontro interverranno Renzo Dori, presidente dell'APSP Margherita Grazioli – Povo, Luisa Moser, responsabile dei servizi educativi dell'Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento e Emanuela Trentini, educatore professionale del Nucleo Alzheimer della APSP M. Grazioli di Povo. L'iniziativa, che sarà introdotta dagli allievi della scuola “i Minipolifonici”, è realizzata in collaborazione con il Comune di Trento.
Il progetto “T-essere Memoria”, attuato da febbraio a giugno 2015, ha coinvolto un gruppo di 12 malati di Alzheimer ospiti dell'Azienda Pubblica di Servizi alla Persona di Povo (dotata di un nucleo specializzato rivolta a questo tipo di pazienti). Il percorso sperimentale è stato proposto dai Servizi Educativi dell’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali nell'ottica di aprire le porte del Museo delle Palafitte di Fiavé ad un pubblico che difficilmente in questa fase della vita viene accompagnato in museo o partecipa a laboratori archeologici. Sono stati condotti sei incontri con laboratori pratici e un'uscita finale presso il museo. Il primo momento di confronto è stato finalizzato alla conoscenza reciproca, indispensabile per prendere confidenza ed instaurare un rapporto di fiducia sia con l'educatore che con gli altri partecipanti. Negli incontri successivi, partendo da copie di reperti appositamente selezionati, si è dato ampio spazio all'osservazione, alla manipolazione e alla discussione, in modo da mettere in atto la stimolazione cognitiva e la valorizzazione delle abilità residue. Ogni partecipante ha potuto toccare, osservare, riconoscere alcuni oggetti, fare supposizioni, cercare di portare a galla ricordi o antichi gesti. Reperti molto semplici, essenziali ma ricchi di significato, utili per stimolare la memoria dei partecipanti.
Attraverso l’interazione diretta con i reperti, si è cercato di sollecitare lo scambio di idee, di far scaturire ricordi ed esperienze personali e di mettere in relazione il proprio vissuto con i materiali e gli oggetti archeologici. Sono stati inoltre proposti, partendo dalle attività documentate dagli archeologi a Fiavé, laboratori di tessitura, lavorazione dell'argilla e preparazione del burro. Tutte le pazienti hanno partecipato volentieri (aspetto non scontato per chi soffre di Alzheimer), si sono messe in gioco, hanno saputo riprodurre, con estrema facilità e grande attenzione antichi gesti, dimostrando come alcune abilità, quali il "saper fare", la manualità e la creatività permangano nonostante la malattia, se adeguatamente sollecitate. I laboratori pratici sono risultati esperienze stimolanti, emotivamente coinvolgenti e piacevoli, che hanno permesso di accedere a personali memorie e saperi, di potersi mettere in gioco, sperimentare le proprie abilità e anche aumentare la propria autostima.
La visita al Museo delle Palafitte ha concluso il percorso: uscire dalla struttura protetta per andare in un posto nuovo e sconosciuto è stato un momento arricchente e ha assunto anche un valore particolare. Il museo si è dimostrato infatti un luogo ricco di stimoli dove le partecipanti hanno mostrato grande capacità di osservazione, anche di particolari che sfuggono ai più. Si sono sentite a loro agio, libere di muoversi, di esprimersi, di toccare, di fare domande e di veder esaudite le loro curiosità. Momenti dedicati a laboratori pratici, alla creatività e la visita ad un museo, possono dunque influenzare positivamente la qualità della vita di un paziente affetto da Alzheimer.
L’esperienza fatta ha confermato che il museo, se reso fruibile e “partecipativo” può avere un ruolo sociale e può aiutare nel decorso della malattia a migliorare la qualità di vita dei pazienti ma anche di chi si occupa di loro, i care giver, i quali si trovano a condividere questa devastante patologia.
Il Gruppo di lavoro che ha seguito il progetto è composto da Luisa Moser (responsabile dei Servizi Educativi dell’Ufficio beni archeologici, Soprintendenza per i beni culturali), Roberto Maestri, Alberta Faes e Emanuela Trentini (animatore, fisioterapista e educatore della APSP di Povo).
organizzazione: Ufficio beni archeologici