"Datemi una penna. Scritture a mano dopo l’invenzione della stampa"

La grafia è espressiva in modo veramente profondo, non serve solo a scrivere le cose che si pensano ma anche a fare dell'arte (Roberto Piumini)

[ Archivio provinciale di Trento]

“Questo libro è dedicato a coloro che amano scrivere a mano, ma soprattutto a chi non sa di possedere una fortuna e una possibilità di espressione per la quale donne e uomini di altri tempi hanno lottato e per cui molti, ancora oggi, si battono”.

La dedica con cui si apre Datemi una penna. Scritture a mano dopo l’invenzione della stampa, di Roberto Piumini, Adriana Paolini, Monica Zani ( Milano, Carthusia, 2015) con efficacia condensa l’obiettivo perseguito dagli autori. Il tema è stato approfondito durante la presentazione del volume giovedì 18 giugno, presso la sede dell'Archivio provinciale di Trento, via Maestri del lavoro 24. Sono intervenuti Armando Tomasi, Andrea Giorgi, Roberto Piumini e Alessandra Paolini.

Un lavoro svolto in collaborazione con l'Ufficio beni archivistici, librari e Archivio provinciale della Provincia di Trento, terza tappa di un progetto iniziato con L’Invenzione di Kuta, sui manoscritti antichi, proseguito con Che rivoluzione!, dedicato interamente alla stampa.

Un incontro tra narrativa - affidata all’apprezzata penna di Roberto Piumini - testi storici - curati da Adriana Paolini, docente di codicologia presso l’Università di Trento - e le raffinate illustrazioni di Monica Zani. Da sottolineare la presenza nel volume di documenti provenienti da diversi istituti di conservazione, in particolare dall’Archivio provinciale di Trento.

Giorgi, docente di archivistica presso l’ateneo trentino, ha messo in luce come la generazione degli attuali cinquantenni abbia “conosciuto molti dei cambiamenti descritti dal libro: dal pennino, alla stilo, alla biro, passando per la dattilografia e approdando al computer. Uno scolaro che impara a leggere e scrivere rappresenta un’immagine comune – ha proseguito -, ma nei secoli passati poche persone lo sapevano fare, e si riteneva fosse comunque più importante saper leggere che scrivere. Le abilità potevano essere distinte. Inoltre alle donne non era permesso farlo, la discriminazione di genere era radicata e anche le maestre erano considerate meno ‘brave’ e percepivano uno stipendio minore dei colleghi. Nel corso del Novecento è stata introdotta la scolarizzazione di massa - in Trentino in anticipo sul resto d’Italia -, però è importante ricordare da dove veniamo, e che la distanza da quel mondo è di un paio di generazioni soltanto. È necessario vigilare affinché le conquiste di padri e nonni non si dissolvano – ha concluso”.

Paolini ha ricordato che si tratta del “terzo volume di un progetto che ho voluto con molta determinazione. Ritengo importante condividere e trasmettere un patrimonio che rischia di scomparire, considero questa possibilità una cosa pericolosa e un poco triste – ha aggiunto -. Certo esistono altri strumenti per parlare e comunicare, può darsi che possiamo imparare altri modi per scrivere, non solo il corsivo, non vedo però perché rinunciarvi in favore di un’unica alternativa.  I ragazzi devono riprendersi questa potenzialità per lasciare un segno della propria esistenza. Nella scrittura, in certo senso, siamo unici al mondo.

Il libro propone alcune chiavi di lettura - ha specificato -, tra esse quelle delle illustrazioni che introducono le storie e i capitoli storici, ma c’è anche la chiave data dalle foto provenienti dagli archivi e biblioteche. Nel capitolo dedicato alle scritture dei bambini abbiamo esempi di scritture infantili, ma anche testi che riguardano i bambini definiti “esposti”, abbandonati, appunto, nella “Ruota degli esposti”. La ricerca del materiale iconografico ha riguardato soprattutto archivi e biblioteche trentine, ma anche altre istituzioni italiane, a Napoli e Roma, ad esempio.  

Come per i due precedenti volumi, Datemi una penna  è organizzato in otto capitoli, otto storie che introducono otto approfondimenti suddivisi in paragrafi brevi. La lettura può essere fatta dagli stessi bambini, o valorizzata dal supporto degli insegnanti".

Piumini ha riflettuto attorno alla scrittura. “La grafia – ha esordito - è espressiva in modo veramente profondo, non serve solo a scrivere le cose che si pensano ma anche a fare dell'arte. In un certo senso rappresenta l’unico momento veramente artistico, permette l’uso espressivo totale di un segno grafico che, certo, tiene conto di regole, ma è completamente libero. Se c'è un grafo espressivo assoluto delle persone è la firma, o la sigla – ha approfondito. Il fatto stesso di scrivere a mano rappresenta un arricchimento antropologico non per i contenuti ma per la forma materica. Per alcune persone potremmo definirlo l’unico momento artistico nel vero senso del termine: gode di una libertà condizionata come quella artistica, ma anche unica". 


22/06/2015