Gene umano e brevetto per invenzione: un'analisi comparata
Sara Bailoni tra le vincitrici del premio di laurea promosso dal Comitato etico per la sperimentazione con l’essere umano dell’Università di Trento
Conferenza sulle questioni etiche e giuridiche del “Genome editing” con Demetrio Neri del Comitato nazionale per la bioetica. L’incontro giovedì 7 aprile alla Facoltà di Giurisprudenza in occasione del conferimento del premio per tesi di laurea, promosso annualmente dal Comitato etico per la sperimentazione con l’essere umano dell’Università di Trento. Le vincitrici del bando 2015 sono Sara Bailoni, Francesca Pavan e Alessandra Gai che si sono occupate di gene umano e brevetto, consenso informato e biobanche pediatriche.La vincitrice Sara Bailoni ci introduce al tema della sua tesi:
"La brevettabilità del vivente rappresenta una problematica che, fin dal momento in cui si è posta, ha suscitato forti reazioni ed accesi dibattiti. Da un lato essa è stata vista come la chiave di volta per promuovere la ricerca medica e l’industria biotecnologica, dall’altro sono state sollevate numerose obiezioni di carattere etico-morale, nonché dubbi sull’effettivo ruolo incentivante ricoperto dalla proprietà intellettuale nel contesto della ricerca scientifica. In gioco non vi sono soltanto i progressi che la biotecnologia si propone di raggiungere in settori ritenuti vitali per la salute umana, ma anche lo sviluppo di un settore industriale che ha una rilevanza economica fondamentale.
È stato dunque con l’obbiettivo di promuovere lo sviluppo del settore, che il brevetto biotecnologico è stato ammesso, dapprima negli Stati Uniti con la storica sentenza Diamond v. Chakrabarty, ed in seguito anche nell’Unione Europea, ove, dopo anni di incertezze, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
La brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche può, dunque, considerarsi un fatto consolidato e tuttavia il dibattito è tutt’altro che sopito. Mentre per anni si è andati verso l’estensione dell’area della brevettabilità ed il rafforzamento dei diritti di privativa, recentemente sembrano emergere i primi segnali di un cambiamento di rotta. L’esperienza pratica, infatti, ha messo in luce che una protezione brevettuale troppo forte può comportare una serie di problematiche, le quali vengono esasperate se oggetto dell’invenzione è un elemento del corpo umano.
Al fine di inquadrare al meglio la questione sono stati quindi analizzati, in chiave comparata, il sistema brevettuale europeo e quello statunitense, soffermandosi sulle problematiche che ruotano attorno al brevetto biotecnologico e alla questione della brevettabilità del gene umano. In particolare si è analizzato il caso Myriad Genetics, sul quale si è pronunciata di recente la Corte Suprema degli Stati Uniti accogliendo le istanza di coloro che si opponevano alla privatizzazione degli elementi del vivente. Detta sentenza lascia peraltro margini tali da prestarsi ad interpretazioni elastiche, che probabilmente potranno in futuro essere adattate alle esigenze concrete e agli sviluppi del settore.
Prendendo spunto da questo orientamento, sono state approfondite le proposte di quella dottrina che, revocando in dubbio l’assunto in virtù del quale l’enclosure causata dal brevetto sarebbe una sorta di male necessario ma indispensabile, auspica lo sviluppo di modelli di governance non più strettamente incentrati sul modello proprietario. Particolarmente interessanti sono risultate essere le istanze di open science, che ultimamente coinvolgono non solo sparuti e coraggiosi ricercatori, bensì anche importanti progetti finanziati o appoggiati dalle stesse compagnie farmaceutiche. Ciò dimostra che un ponderato bilanciamento dei diritti di proprietà intellettuale con diritti e doveri di condivisione, potrebbe rivelarsi non solo eticamente e moralmente più giusto, ma anche profittevole e conveniente.
La condivisione dei risultati della ricerca scientifica, quando essa si trova nello stadio iniziale, evita la possibilità che ad essere rivendicati siano quegli elementi che, in quanto preesistenti in natura, sono esclusi di per sé stessi dall’area della brevettabilità. Tali elementi dovrebbero costituire la materia prima, comune e condivisa tra tutti i ricercatori, a partire dalla quale sviluppare effettive invenzioni biotecnologiche".
06/04/2016