L'arte per la vita: l'opera di Ermete Bonapace

L'artista ha lavorato contemporaneamente per la città dei vivi e per quella dei morti: la mostra che lo racconta è a Trento, Palazzo Roccabruna 

[ Archivio Fondazione museo storico del Trentino]

Se all’inizio del XIX secolo l’editto napoleonico di Saint Cloud stabilisce che le tombe vengano portate fuori dalle mura cittadine per motivi igienico-sanitari e ordina che siano tutte uguali per evitare ogni forma di discriminazione tra i defunti, a metà secolo si assiste a un’inversione di marcia dovuta soprattutto al desiderio della borghesia emergente di confermare il proprio stato sociale garantendosi una sorta d’immortalità ai posteri con il ritorno all’antica tradizione dei sontuosi sepolcri di famiglia.

Anche nei cimiteri minori quindi i monumenti funebri diventano tra le più importanti commissioni per gli artisti, che hanno così l’occasione di misurarsi con un tema antico e solenne come quello funerario.

L’arresto di questo processo creativo avviene con la Prima guerra mondiale, quando, con il dissolversi della memoria del singolo nella memoria collettiva attraverso i monumenti ai caduti, si genera una riduzione delle dimensioni e a una moderatezza generale.

È soltanto a partire dagli anni settanta del secolo scorso che gli studiosi iniziano a cogliere il valore culturale ed artistico insito nei cimiteri riscoprendoli per la loro dimensione quasi museale.

L’attenzione a questo tema ha permesso di gettare nuova luce su tutti quegli artisti che hanno speso parte della propria attività artistica al servizio di famiglie aristocratiche o borghesi, distinte per ricchezza, meriti civili o politici, ma anche di semplici cittadini che volevano commemorare degnamente i propri cari defunti distinguendoli dalla massa. Molti sono, infatti, gli artisti che hanno lavorato contemporaneamente per la città dei vivi e per quella dei morti, dimostrando ancora una volta che questi due ambiti non vanno disgiunti, ma considerati entrambi parte di quel macro insieme che è la scultura.

Tra di essi anche Ermete Bonapace, il quale ha avuto molte occasioni di dimostrare il proprio genio, oltre che nei monumenti ai caduti e nelle sculture di più piccola scala, soprattutto nei monumenti funebri.

Una parte considerevole della sua produzione artistica è infatti ancora oggi conservata in loco, soprattutto nei cimiteri di Trento e Mezzolombardo. Laddove lo scultore non si è cimentato nella raffigurazione del defunto, come avviene per i monumenti a Osvaldo Orsi o Giusto Ferrari a Mezzolombardo o per quello ad Andrea Malfatti a Trento, la scelta dei soggetti è ricaduta per lo più nell’ambito religioso: volti di Cristo e Madonne sofferenti, angeli fluttuanti con la croce tra le mani o rilievi con la scena del compianto di Cristo morto.

Una figura di Cristo in croce si distingue fra tutte quelle di tema religioso per le grandi dimensioni e per la raffinatezza di stile: l’imponente bronzo che decora la tomba della famiglia Happacher presso il cimitero di Mezzolombardo risalente agli anni trenta.

Katia Fortarel - curatrice mostra

24/02/2015